Spider-Man: Un Nuovo Universo, Sara Pichelli e Eva Bruschi parlano del loro lavoro su Miles Morales

Spider-Man: Un Nuovo Universo

Una è la superstar del fumetto mondiale, l’altra una silenziosa e bravissima storyboad artist, e oltre al fatto di essere entrambe italiane e di grande talento, hanno un’altra cosa in comune: entrambe sono legate al film d’animazione più importante degli ultimi anni, Spider-Man: Un Nuovo Universo. Sono Sara Pichelli ed Eva Bruschi, che hanno raccontato la loro esperienza con Miles Morales durante un incontro tenutosi in occasione di Arf 5, il Festival del fumetto a Roma.

 

Se il lavoro di Sara con Miles risale al 2011, a quando la Marvel ha pensato di uccidere Peter Parker e far nascere questo nuovo Spider-Man pre-adolescente metà afroamericano e metà latino, Eva è entrata in contatto con il nuovo ma già amatissimo personaggio della Casa delle Idee soltanto all’inizio della lavorazione del film animato SONY.

Ma come è stato “ammazzare” Spider-Man e farlo rinascere?

“Era il 2011, stavo già lavorando alla serie Ultimate Spider-Man in cui c’era Peter Parker – esordisce la Pichelli – Una mattina mi arriva una email in cui mi dicevano che avevano una proposta per me, un progetto molto interessante, e mi spiegano cosa sarebbe successo a Peter Parker in questo nuovo fumetto. Ho capito subito che la responsabilità sarebbe stata enorme, anche perché Spider-Man gode di una popolarità incredibile e ho pensato subito che sarei passata alla storia come la sfigata che aveva fatto fallire l’Uomo Ragno. Invece, poco a poco, conoscendo maggiori dettagli del progetto, parlando anche con Brian Bendis, lo sceneggiatore, ho capito che era una storia nuova, non la copia della copia di Peter Parker in versione nera. Ho capito che c’era del potenziale.”

Per quanto riguarda il look definitivo di Miles, anche quello è stato il risultato di tentativi e scambi, come spiega la stessa Pichelli: “Il fatto che fosse di due etnie diverse è sempre stato il punto fermo dell’idea di Brian, lui voleva che Miles fosse afroamericano e latino, era l’unica cosa già decisa. Miles invece ha cambiato identità, doveva avere 16 anni, poi 15, solo alla fine è diventato un dodicenne, all’inizio non si chiamava Miles ma Jonathan. Per i look, li ho provati tutti, dai rasta ai capelli corti, come è successo anche per gli ambienti e il quartiere, che solo alla fine è diventato il Bronx. Sono stati cambiamenti in corso d’opera, ma la cosa davvero divertente è che è stato un brain-storming a tre, perché eravamo io, Brian e Joe Quesada che faceva da tramite. Brian si ispirava alle immagini che gli mandavo, aggiustava la storia e la rimandava a me e io facevo i cambiamenti necessari ad adattare il personaggio, fino a che non abbiamo avuto il personaggio completo. È stato molto divertente ed è difficile lavorare in una situazione di tale libertà, perché in genere la casa produttrice mette molti paletti.”

Per quanto riguarda invece l’enormità della storia che stava contribuendo a raccontare e il successo del bellissimo Spider-Man: Un nuovo universo di cui il suo Miles sarebbe stato protagonista, Sara Pichelli risponde molto onestamente: “Io non ne avevo assolutamente idea, ero solo terrorizzata perché stavo lavorando a Spider-Man, non ragionavo in prospettiva e che io sappia nemmeno Brian. Il nostro è stato un esperimento che ci ha portati a toccare un’icona, perché Spider-Man in USA è come Gesù. Avevo però la sensazione che tutto stesse andando per il meglio ed è una cosa che non succede spesso, tutte le congiunzioni si erano allineate. C’era l’energia giusta, c’era lo scambio artistico e c’erano i tempi, che spesso sono quelli che ammazzano l’arte. Quindi la prospettiva di quello che sarebbe accaduto non c’era. La reazione del pubblico a Miles, nel primo numero, è stata esplosiva nel bene e nel male, si sono completamente spaccati in due.”

Proprio le reazioni del pubblico sono state il riscontro diretto del suo lavoro, reazioni che sono state, come c’era da aspettarsi, molto violente, di fronte alla morte di Peter Parker: “Alcuni l’hanno presa un po’ sul personale, e ci hanno tenuto a farmi sapere che auguravano la morte a me piuttosto che a Peter. In particolare un lettore mi ha scritto una cosa che mi è rimasta impressa: sai,  leggere questa storia mi ha fatto molto male perché è come se venissi al funerale del mio migliore amico ti avvicinassi a me e mi dicessi ‘tranquillo, io ho un amico nuovo per te, gli vorrai bene allo stesso modo’. Al che volevo farmi stampare una maglietta con su scritto ‘io non solo lo sceneggiatore’. E poi c’era gente che mi augurava davvero la morte e quando l’ho riferito alla Marvel (di lì a poco ci sarebbe stata la New York Comicon, con la presentazione ufficiale di Miles Morales al pubblico), loro mi hanno ringraziata di averglielo fatto sapere e mi hanno risposto che avrebbero intensificato la security. Ecco, a quel punto mi sono spaventata.”

Per fortuna non ci sono state solo reazioni negative: “Ho ricevuto anche riscontri molto positivi – prosegue Sara – soprattutto di persona, alla Comicon di New York, durante la quale madri con i bambini piccoli mi ringraziavano perché finalmente i figli avevano un modello in cui identificarsi. E queste sono le cose che ti fanno diventare davvero piccola e vorresti abbracciare tutti.”

Ma dopo che Miles Morales ha invaso le pagine dei fumetti e ha trovato il suo posto nel mondo e nel cuore dei lettori, è arrivato il suo momento anche per trovare un posto nel cuore degli spettatori, abituati ormai ad anni di film Marvel al cinema e reduci da diverse versioni di Spider-Man cinematografici, più o meno graditi, in carne e ossa. È arrivato il momento di Spider-Man: Un nuovo universo.

A questo progetto, quello che poi sarebbe diventato l’Oscar Winner Spider-Man: Un nuovo universo, ha lavorato Eva Bruschi, disegnatrice di grande talento e storyboard artist ingaggiata da SONY per il film diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey, Rodney Rothman. Timida e riservata, commentando il suo coinvolgimento del film, Eva parla di fortuna, ma basta vedere i suoi lavori sul suo canale Youtube per capire che la fortuna c’entra poco: “Ero a New York e lavoravo con un altro regista di SONY e durante lo screening c’era anche uno dei co-registi di Spider-man: Un Nuovo Universo – racconta Eva – In quell’occasione ha visto i miei lavori e mi ha chiesto di partecipare al progetto, ma io ero titubante perché non conosco i supereroi. Poi mi sono detta che comunque dovevo lavorare, e ho accettato. Così mi hanno dato la prima sequenza… sono stata lì per un po’ a conoscere il team e organizzare il progetto, poi ho lavorato da casa. L’unica indicazione che mi hanno dato per la prima sequenza è stata solo quella di divertirmi a immaginare. Gli storyboard artist sono molto pochi all’inizio di un lavoro, perché si cerca di dare omogeneità al progetto.”

E infatti i lavori che ha realizzato per Spider-Man: Un nuovo universo sono molto lineari, figure semplici, in cui si rintraccia non solo quello che poi è diventato il film, ma anche quello che sarebbe potuto essere, forme, personaggi e inquadrature che si sono trasformate in corso d’opera.

“Da quello che ho visto io, lo script è stato una continua evoluzione, fino agli ultimi momenti – ha spiegato la Bruschi – C’era il primo atto chiuso, il secondo atto ancora aperto e il terzo completamente assente. Il progetto era molto aperto fino all’ultimo sia da un punto di vista della libertà concessami, sia da un punto di vista della storia vera e propria. Le novità stilistiche del film erano già nelle intenzioni dei realizzatori, credo, ma non saprei dire con precisione, perché ho lavorato principalmente da casa, quindi non ho assistito ai tutto il processo creativo. Io ho fatto solo le cose che non si vedono.”

E nonostante non si vedano nel film finito, si possono vedere di seguito (ma se ne trovano molte altre sul canale Youtube di Eva Bruschi, ndr):

Entrambe le artiste hanno poi espresso il loro parere sulla condizione dell’animazione in Italia, in un momento in cui Lorenzo Mattotti ha presentato a Cannes il suo bellissimo La famosa invasione degli Orsi in Sicilia e negli anni passato abbiamo avuto Gatta Cenerentola trai vincitori dei David di Donatello. Nonostante queste realtà, sembra che l’animazione faccia ancora fatica nel nostro Paese ad essere presa sul serio come forma di espressione.

Secondo Eva Bruschi: “In Italia, probabilmente manca l’idea di cartone animato per adulti, manca il budget e mi sembra che siano già due cose importanti per far andare avanti il mercato. Forse manca anche un atteggiamento più leggero. Io mi sono trovata bene a lavorare con gli americani perché loro hanno mantenuto questo piacere nel lavoro e la consapevolezza che stanno realizzando qualcosa che deve intrattenere, quindi ci deve essere da parte nostra passione e freschezza, e deve venire fuori dal lavoro che si realizza. Questo aspetto, in Italia, l’ho trovato nei miei collaboratori ma mai nei miei superiori.”

Sara Pichelli, che prima di diventare una star del fumetto, si è formata e ha lavorato tanto con l’animazione, ha commentato: “Non ho la diagnosi anche perché sono molti anni che sono fuori dal giro. So per certo, dai titoli di coda dei più grandi film d’animazione che si producono nel mondo, che a livello tecnico e di talenti non siamo secondi a nessuno. A volte ho la sensazione che manchi la fiducia nelle idee, perché a vendere qualcosa che già vende, siamo bravi tutti, ma creare qualcosa che ricorda altro che ha avuto successo, non è un merito. Vorrei vedere un po’ di più persone che si fidano di chi quel lavoro lo fa, lo segue e lo sente. E questo discorso non vale solo per l’animazione.”

Sicuramente la fiducia nei talenti e nelle idee, da parte degli investitori, potrebbe portare alla luce meraviglie, anche perché basta guardare a queste due donne, italiane che lavorano all’estero, per capire che l’Italia è davvero un terreno fertile per l’arte, il fumetto e l’animazione.

Spider-Man: Un Nuovo Universoil nostro speciale sul film

- Pubblicità -