Stranizza d’amuri, Beppe Fiorello e il cast presentano il film

Fiorello diventa regista per raccontare il delitto di Giarre, che scosse le coscienze nella Sicilia degli anni '80.

Stranizza d'amuri, Gabriele Pizzuto e Samuele Segreto in motorino

Beppe Fiorello ha voluto accanto a sé tutto il cast per presentare alla stampa Stranizza d’amuri, il suo primo lavoro dietro la macchina da presa, che arriva esclusivamente nelle sale cinematografiche dal 23 marzo. Il film ha avuto una lunga gestazione, durata dodici anni, nata dall’idea di far conoscere la vicenda del delitto di Giarre, avvenuto nelle campagne siciliane nel 1980. A morire furono due ragazzi: Toni e Giorgio, cui capitò di innamorarsi in un momento e in un luogo in cui quell’amore non era considerato ammissibile.

 

La vicenda produttiva di Stranizza d’amuri

Eleonora Pratelli di Iblafilm, che ha prodotto il lavoro assieme a Fenix Entertainment e Rai Cinema, parla così del progetto cui ha dato vita assieme al marito, Beppe Fiorello: “Sono almeno dodici anni che Beppe mi parla di questa storia accaduta nella sua Sicilia, che lo aveva profondamente colpito. Sette anni fa […] gli ho detto che era arrivato il momento di raccontarla e che lo avrei aiutato a realizzare il suo sogno.[…] Volevo che fosse libero di raccontare la storia come l’aveva sempre immaginata e per questo dovevo esserci io a proteggere la sua visione. Beppe ha sempre amato raccontare le storie vere, perché sono importanti, tirano fuori emozioni e verità e noi due amiamo stare dove gli altri non stanno”.

La genesi di Stranizza d’amuri nelle parole del regista

Beppe Fiorello ripercorre così la nascita del film: “È nato da un articolo di cronaca che ho scoperto tredici anni fa, che celebrava il trentennale del delitto di Giarre. Mi colpì a tal punto che mi sono sentito quasi in colpa a non aver mai saputo di questo delitto. Non lo conoscevo, l’ho scoperto troppo tardi, da grande. Mi sono sentito anche un po’ corresponsabile, da siciliano, della mentalità […] che ha insabbiato quella storia”. È questo episodio ad aver fatto nascere il desiderio di farne un film e dirigerlo, una vera e propria esigenza, afferma Fiorello: “Un’esigenza, non una voglia di fare il regista. Non ho fatto questo film per fare il regista, ma per raccontare questa storia. Ho immaginato immediatamente, mentre leggevo quell’articolo, che la avrei raccontata, ma che dovevo stare un passo indietro, esserne, appunto, il regista. […] Ho iniziato, quindi, un percorso di ricerca anche di genere, su come l’avrei fatto. Ci sono voluti molti anni. Avrei potuto scegliere una linea investigativa e fare un film di genere. […] Ma non c’erano gli elementi reali perché io potessi poi sbandierare con orgoglio una verità. Perché non c’è mai stata una verità su quel delitto. […] Sono emerse solo due ipotesi: omicidio o omicidio suicidio. […] Allora mi sono affidato alla mia immaginazione, scegliendo con coraggio più che una tematica, la poetica. Ho immaginato un’estate di due ragazzi che si incontrano e fanno un percorso di vita insieme”.

Le fonti e le indagini sul delitto di Giarre

Abbiamo fatto ricerche prima di scrivere”, racconta Fiorello. Per quanto riguarda le indagini, il regista e uno degli sceneggiatori, Carlo Salsa, ricordano come queste siano state assai brevi e timide. Fiorello: “C’era stato un inizio di indagine, addirittura un sospettato, che si dichiarò colpevole e dopo una settimana ritrattò […] Era un bambino di 12 anni, il nipote di uno dei due ragazzi. Poi si chiuse la questione investigativa, finì tutto. Si catalogò, credo, come omicidio suicidio. Io mi sono fatto una mia idea. Forse è stato fatto perché lavava meglio le coscienze. […] Ma la scena del delitto parlò abbastanza chiaramente sul fatto che non fosse un omicidio-suicidio”. Carlo Salsa conviene col regista: “Le indagini sono state molto timide. Sostanzialmente si è messo in atto un meccanismo di insabbiamento totale da parte di entrambe le famiglie. Nessuna delle due aveva interesse a scoprire qualcosa di più. A tutti conveniva pensare che fosse un suicidio”.

La mentalità di allora e quella di oggi sull’amore omosessuale

Fiorello ha poi l’opportunità di chiarire la sua idea dell’adolescenza come di un’età piena di energia e vitalità in cui il rapporto con gli amici, coi propri pari, è strettissimo e fondamentale e in cui, in maniera naturale, il confine tra amicizia e amore diventa labile: “Ho preso in prestito anche la mia adolescenza, i miei ricordi. […] C’è una parte di me in quei due ragazzi. C’è quel tratto di vita che trovo sia divino: l’adolescenza. Un momento in cui ci si ama tra amici, pur non essendo omosessuali. Io ho amato i miei amici. Ci amavamo veramente”. Ed evidenzia la “purezza” di questo tipo di amore. Per quel che riguarda il discorso sociale e politico sull’omosessualità, Fiorello aggiunge: “Conosco la Sicilia, la questione dell’omertà, delle paure, del non capire un amore, ma dentro di me speravo di fare un film storico, di raccontare come eravamo. In realtà, qui la questione si ripete”. “L’amore adolescenziale va al di là di tutti i discorsi politici. […] Noi siamo arretratissimi rispetto agli adolescenti che si guardano e si amano. […] Si tratta di essere persona che ama una persona. […] Non ci vorrebbe nemmeno una legge per proteggere gli omosessuali o chi si vuole amare. In un mondo meraviglioso e perfetto non ci vorrebbero i dibattiti politici perché dovrebbe essere tutto naturale e normale”. E a chi parla di Stranizza d’amuri come di una storia di coraggio risponde: “E’ un peccato pensare che per amarsi ci voglia coraggio. Bisognerebbe amarsi per amarsi, con amore, non coraggio”. Stranizza d’amuri, aggiunge: “vuole essere un inno alla vita, alla libertà di amarsi … di viaggiare liberi col vento in faccia”.

La differenza tra cinema e tv.

Per Beppe Fiorello, amato attore di fiction televisive, ma anche di cinema, non poteva mancare in tempi di crisi delle sale e grande auge della serialità televisiva e dello streaming, una domanda sulla differenza tra i due mezzi, cinema e tv. L’attore e regista risponde: “La differenza può essere sostanziale o meno, ma dipende dalla storia, non dal mezzo. Dipende da cosa gli autori propongono al pubblico. Mi piacerebbe che tornasse un po’ di più il cinema, però io ho sempre puntato prima alla storia e poi al suo destino”. “Non trovo differenze, se non quella di esperienza emotiva e sensoriale. Condividere un film in una sala come questa è una bellissima esperienza. Vedere un film o una fiction a casa è un altro tipo di esperienza, più distratta, meno focalizzata su ciò che stiamo vedendo”. Parlando poi della fruizione delle serie tv, la definisce un’esperienza ai limiti del patologico: “Sulla mia pelle sento quasi patologica la visione di una serialità. Mi crea dipendenza, e non mi piace vedere un film o una serie con la dipendenza.[…] Non è una bella esperienza secondo me, sta diventando controproducente per la salute. Quanti di noi hanno fatto tardi per vedere una serie? A quel punto non la vedi più perché ti interessa la storia, ma per far sapere che l’hai vista […] Non ti rimane un’emozione. Forse oggi punterei più al cinema”.

Gli interpreti e i loro personaggi

Stranizza d'amuri

La parola passa poi ai protagonisti del film. Gabriele Pizzurro, che interpreta Nino, uno dei due personaggi principali, racconta così la sua esperienza sul set: “Interpretare Nino è stato bellissimo. È un personaggio che ha molto di me, per quanto riguarda la purezza, io mi definisco molto simile a Nino per alcuni aspetti. Altri ovviamente sono diversi. Col mio compagno di avventura, Samuele [Segreto, nel ruolo di Gianni, che non ha potuto essere presente ndr], posso dire di aver vissuto ciò di cui prima parlava Beppe: il fatto che ci si innamori quasi degli amici, per entrare nel personaggio. Alcune scene necessitavano questo trasporto. Io devo dire che c’è stato. Porto a casa una bellissima esperienza formativa, sia a livello umano che lavorativo”.
Fabrizia Sacchi, che ha dovuto calarsi nei non facili panni della madre di Nino, parla di Stranizza d’amuri come di “un’esperienza vera”. “Dal primo momento in cui Beppe ci ha chiamati, sono andata due giorni a Pachino a vedere i luoghi. È stato un percorso diverso di preparazione al film rispetto ad altre volte. […] Un’immersione totale […] in questa storia, in questa realtà, nei profumi, nei colori. Siamo stati immersi in questi personaggi, alla fine non potevamo che essere noi“. Prosegue parlando del lavoro sul personaggio di Carmela, animato da due forze: “Dentro di me c’era la forza oscura […] degli anni 80, di chi non ha parlato, […] dell’ignoranza, di vivere in un certo tipo di cultura. Però […] sentivo anche una forza molto viva e bella di madre che protegge il cucciolo, anche se disastrato, e non permette che gli si faccia del male”.
Simona Malato, che interpreta Lina, l’altra madre del film, ne parla così: “Lina, diversamente dalla famiglia di Nino, si trova già in una condizione di stranezza. […] la vive dentro di sé. Ho sempre pensato che se avesse avuto il coraggio di assumerla, avrebbe preso il figlio per mano e sarebbe volata via con lui. Invece non ce la fa e resta imbrigliata nel suo silenzio e nella sua incapacità di opporsi, nonostante la passione enorme e coinvolgente che ha nei confronti di suo figlio”.

L’ambientazione di Stranizza d’amuri

Per l’ambientazione“, afferma Fiorello, “ho tratto ispirazione da un regista che amo moltissimo. Vidi Roma, di Alfonso Cuaron, che mi colpì moltissimo. […] Disse in un’intervista che aveva voluto ambientarlo durante la rivoluzione, la battaglia civile nel suo paese. Questo mi ha […] suggerito di ambientare questa piccola, tragica storia, mentre l’Italia era in un momento di grandissima positività”. La vicenda è ambientata, infatti, nell’estate del 1982, durante i campionati del mondo che saranno poi vinti dall’Italia. L’idea era dunque quella di “appoggiare questa storia intimista, nascosta in un angolo della provincia siciliana, ad un momento universale”.

Franco Battiato e la musica in Stranizza d’amuri

Le canzoni sono state un’altra fonte di ispirazione”, racconta Fiorello. “Franco Battiato in particolare. Stranizza d’amuri mi sembrava avesse trovato la sua casa naturale nel dare il titolo a questo film. La canzone racconta di un amore impossibile in tempo di guerra. […] Mi sembra che Gianni e Nino combattano una guerra” Prosegue ricordando il proprio legame con la musica di Franco Battiato: “Battiato è stata la colonna sonora della mia adolescenza. La voce del padrone l’ho consumato. Summer on a solitary beach non suonava più per quanto l’ho ascoltata. È una canzone che ho tramandato ai miei figli”. “Battiato non poteva non essere nel film. Perché sentivo naturale la sua partecipazione”. Così come naturale è stato coinvolgere Giovanni Caccamo nel lavoro alle musiche originali: “Ho pensato subito a lui, perché ha dentro quell’amico, quell’ispiratore, quel mentore che è Franco Battiato”. Gli fa eco Caccamo stesso, che si dice profondamente coinvolto a livello emotivo dalla storia e dal modo in cui Fiorello ha saputo raccontarla, ricordando poi, a proposito del film, una frase del maestro Battiato :“C’è una frase che mi disse Franco […] e che rivedo in questo tuo lavoro: Avrai solo una strada per rimanere un uomo e un artista libero, ricordarti sempre di scardinare la tua arte da ogni fine. Io in Stranizza d’amuri vedo questo e te ne sono grato”.

Stranizza d’amuri, Giarre e la dedica a Toni e Giorgio

Infine, Fiorello precisa con orgoglio che il film sarà in sala anche a Giarre, luogo in cui avvenne il delitto di Toni e Giorgio: “Questa notizia mi ha emozionato tantissimo”, e coglie l’occasione per spiegare la scelta di girare il film sì in Sicilia, ma non a Giarre: “Sentivo di non dover rischiare di turbare la serenità di qualcuno, persone che sono certo che ancora oggi, nonostante le scelte che hanno fatto e che abbiamo raccontato, stanno sicuramente soffrendo. […] Allora mi sono discretamente allontanato, non di molto. Sono stato vicino a Toni e Giorgio, […] ma mi sentivo più tranquillo, come per non disturbare”. Alla dedica ai due ragazzi però tutto il cast tiene molto ed anche a ricordare quel movimento di coscienze che si mise in atto dopo il delitto.

Movimento che, spiega il regista, “mi dà l’opportunità per proporre al mondo una Sicilia diversa”. Non quella mafiosa o criminale, che torna oggi alla ribalta delle cronache con l’arresto di Messina Denaro, ma quella che si batte per i diritti civili: “Nasce proprio nella mia terra il movimento per i diritti degli omosessuali. In quella terra che invece è conosciuta solo per patriarcato e mafia”. Luigi Carollo, coordinatore del Palermo Pride, ricorda quel movimento: “Le cose stavano cambiando. I fatti di Giarre accelerano una svolta nel movimento gay […] e nasce a Palermo il primo circolo Arcigay. […] Nasce nella mia città nel 1980 e solo dopo cinque anni diventa un’associazione nazionale”. Prodotto da Iblafilm e Fenix Entertainment con Rai Cinema e distribuito da Bim, Stranizza d’amuri è al cinema dal 23 marzo.

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