
Quanto c’è di autobiografico nella sceneggiatura?
Antonio Andrisani: “Non è un film autobiografico, ma sincero. Questo è un valore aggiunto, in un momento in cui il nostro cinema è profondamente insincero a mio avviso, sia che si tratti di Sorrentino e di Garrone, sia che si tratti di molti autori della commedia all’italiana. Chi si cimenta con questo tipo di attività sicuramente avrà riscontrato nel film delle situazioni in cui si è imbattuto. Di autobiografico c’è la vita di provincia, nella quale noi viviamo”.
Questa è un’opera prima che è costata abbastanza per gli standard di oggi. È stato coraggioso puntare su un giovane.

Perché il protagonista è un regista di horror?
A.A.: “E’ una metafora della situazione di crisi nella quale viviamo. Gli uomini sono degli esseri spesso piuttosto egoisti e mostruosi, il regista di film di zombie serviva a far comprendere che i mostri non sono quelli dei film ma i vivi che circondano il protagonista”.
Come avete lavorato sulla fotografia?
Giuseppe Marco Albano: “Scenografia e fotografia sono molto naturali. Abbiamo girato in Basilicata, la nostra terra – nelle province di Matera e Potenza – rispettando i nostri colori e quello che siamo realmente. Scenograficamente, la provincia si vede molto, non abbiamo ambienti curati, laccati, come spesso siamo abituati a vedere nelle commedie italiane di oggi”.
Diteci qualcosa in più sui provini in bianco e nero
G. M. A.: “A Matera siamo quotidianamente vittime di questi personaggi che ti fermano e ti chiedono una parte, come se girassimo tutti i giorni. Quelli nel film non erano attori, ma persone che venivano sul set mentre giravamo e noi facevamo loro un provino. Erano tutti provini veri, tranne uno”.
C’è stato spazio per l’improvvisazione?
Francesca Faiella: “Sì, è stato questo il bello: abbiamo avuto modo di cambiare alcuni momenti o interpretarli in maniera diversa”.
Claudia Zanella: “Quando hai a che fare con attori bravi come Antonio, sei costretto a improvvisare: riescono ad essere sempre così naturali, che lo fai per esserlo altrettanto”.
Ernesto Mahieux: “Qualche battuta è mia, anche gli schiaffetti, li ho inventati per creare una vittima della situazione. Giuseppe mi ha lasciato libero di proporre”.
