Sollecitato dalle domande della giornalista Claudia Catalli e del
pubblico presente, Favino torna sull’annosa questione del
doppiaggio in Italia: “Gabriele Muccino è un caro amico, come
lui penso che sarebbe bello educare i nostri figli a vedere i film
in lingua originale, ma mi chiedo anche: e noi tutti che siamo
stati abituati così da anni? Mia madre ottantenne? Io vivo qui in
Italia, e la mia esigenza, oggi, è capire come riportare la gente
al cinema, non allontanarla”.
L’attore romano ha quindi ricordato il suo primo ruolo importante (“Il Libanese mi ha dato la chance di poter scegliere un ruolo, ma quando ho saputo della serie tv e di Francesco Montanari ero sollevato: finalmente avremmo diviso il peso di un personaggio amato dal pubblico, da cui non è stato facile liberarsi”), ha parlato dei progetti futuri (“Sarò il padre di Marco Polo nella serie tv Netflix, mio figlio è Lorenzo Richelmy ospite lo scorso scorso proprio del CineCocktail. Ecco, adesso si appresta a diventare una star internazionale con questo bel progetto”).
Favino ha quindi chiuso commosso imitando Mastroianni e ricordando i sacrifici fatti in vent’anni di carriera, la voglia di “mangiare la polvere” che aveva da ragazzo e sente ancora, la fatica per produrre Senza nessuna pietà puntando su un’opera prima, non solo “credendo al talento di un regista”, ma sentendo “La voglia di contribuire a creare un nuovo cinema italiano: Mastandrea, Scamarcio, Timi sono altri colleghi che come me stanno decidendo di impegnarsi nella produzione di progetti in cui credono davvero. Stare da una parte a osservare non cambia le cose, lamentarsi della crisi o crogiolarsi nelle polemiche neanche. Aumenta solo la stasi”.