Joaquin Phoenix Venezia 76
Joaquin Phoenix Venezia 76 - Foto di Luigi De Pompeis - © Cinefilos.it

Dopo la proiezione di Joker, la giornata dedicata al villain della DC è proseguita in sala stampa. Erano presenti Todd Phillips, Joaquin Phoenix, Zazie Beetz e la produttrice Emma Tillinger Koskoff.  Le fonti di ispirazione per Phillips e Silver durante la stesura della storia sono stati gli anni Settanta e i film di quel periodo, ma Joker rimane una pellicola a sé, con un approccio del tutto diverso e libero.

 

L’aspetto che più interessava Todd era approfondire la storia di un personaggio così complesso e interessante come quello di Arthur Fleck, partendo da pochissimi riferimenti e contando sulla presenza di un attore fantastico. Seppur ispirati da The man who laughs, Todd Phillips e Joaquin Phoenix tengono a precisare che il lungo percorso di costruzione del personaggio è stato unico e non dettato da alcuna regola. Hanno dato vita ad Arthur senza appigliarsi a elementi precisi, partendo da zero, affinché potessero imprimere alla smorfia del comico fallito un passato e un presente, e un’aura di mistero senza intaccarlo con elementi già visti.

La mutazione continua di Arthur ha il suo fulcro nella ricerca di identità, si distorce nel susseguirsi delle vicende in un impatto devastante con la malattia. Il personaggio è stato modificato fino all’ultimo giorno delle riprese. Regista e attore hanno lavorato moltissimo sugli aspetti fisici e psichici: la voce, i vestiti, i capelli, e tutti quei dettagli che potevano arricchire il personaggio. Avrebbero persino rigirato alcune scene per continuare ad approfondire la loro ricerca. Joaquin Phoenix ha detto di aver studiato a lungo il tema della perdita e letto, su consiglio di Todd Phillips, un libro che classificava le malattie mentali ma che non ha voluto legare ad Arthur nessun disturbo preciso per non confinarlo in qualcosa di già esistente. Non era sicuro che sarebbe riuscito a creare la famigerata risata. Dopo vari tentativi fallimentari però, con la supervisione di Phillips, è riuscito a incanalare il dolore di Arthur in quattro tipologie di risata: ciascuna è attribuibile a una particolare scena e a uno stato d’animo. Quella finale è uno scoppio di felicità.

La versatilità di Zazie Beetz ha fatto in modo di rendere reale e indefinito allo stesso tempo il personaggio di Sophie Dumond. Anche lei ha subito modifiche continue per catalizzare, amplificare e sostenere le azioni deflagranti di Arthur e ciò ha permesso all’attrice di sfruttare tutta la sua capacità di improvvisazione. La pellicola oltre a contenere colori e atmosfere degli anni Settanta/Ottanta, racchiude ovviamente molti aspetti contemporanei, ma non è un film politico. Nel suo personalissimo approccio al personaggio Joaquin Phoenix non ha scorto in Arthur solo un personaggio tormentato e negativo ma ha visto in lui un uomo pieno di luce, alla ricerca della propria identità e della propria realizzazione: far ridere la gente. Arthur vuole essere apprezzato, non veder bruciare la città. Ma alcune scelte sbagliate lo porteranno a diventare un simbolo sovversivo.

New York è stata la città dove si sono svolte la maggior parte delle riprese: grazie alla produttrice Emma Tillinger Koskoff è stato possibile per la troupe sfruttare tutti quei luoghi simbolo, come la metropolitana ad esempio, che imprimono alla mappatura del film un’identità precisa e dove si svolgono le azioni più sanguinose. Todd Phillips pensa che il suo Joker non sia un film violento, al contrario di John Wick che lo è sicuramente di più. La violenza del suo film è realistica e per questo colpisce spiazzando. Anche la musica ha avuto un ruolo decisivo: subito dopo le prime riprese sono state inviate a Hildur Guðnadóttir  le immagini realizzate, affinché musica e film potessero crescere insieme. Il ballo e la musica sanciscono in Arthur il cambiamento e fanno defluire con le sue movenze tutta la follia del Joker nelle arterie di Gotham City.

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