Non si tratta della
“solita commedia all’americana”, anche se, certo, il titolo e la
convenzionale locandina possono indurre in errore. E invece
2 giorni a New York, che per la cronaca è
una produzione franco-belga-tedesca, vanta una regia e una
sceneggiatura fresche e originali firmate dalla talentuosa
protagonista Julie Delpy, la quale si è
(saggiamente) tenuta alla larga dagli stereotipi della comedy
hollywoodiana.
Dopo la fine del rapporto con Jack nel precedente 2 giorni a Parigi, la fotografa Marion ha una vita tranquilla e soddisfacente con il giornalista radiofonico Mingus (Chris Rock) e con i due bambini avuti dalle loro passate relazioni. Fino a quando, in occasione di una sua importante mostra fotografica, la famiglia al completo viene a trovarla dalla Francia per passare due giorni nella Grande Mela. Lo stravagante padre Jeannot, magistralmente interpretato da Albert Delpy, la sinuosa ed ex-ninfomane sorella minore Rose (Alexia Landeau) e l’inaspettato ragazzo di lei Manu (Alexandre Nahon), anni prima fidanzato della stessa Marion, portano scompiglio nella vita della coppia dando origine a situazioni comiche e al limite del bizzarro.
Basato sull’eterno incontro-scontro
tra culture diverse, il film della Delpy può contare su dialoghi
frizzanti e su un ritmo spedito che non perde un colpo (quasi mai):
da Jeannot fermato alla dogana per un enorme quantitativo di
salsicce e formaggi non dichiarati e nascosti sotto i vestiti, alle
gag del fumato e “un po’ schizofrenico” Manu, la comicità leggera e
non pretenziosa della regista francese avvolge tutti i 96 minuti di
cui si compone 2 giorni a New York. E si
ferma divertita sulle discutibili mode dell’arte contemporanea:
come quando Marion mette in vendita la sua anima come
“dichiarazione concettuale”, trovandosi poi faccia a faccia in un
surreale ma irresistibile dialogo con il compratore “anonimo”
Vincent Gallo (qui nei panni di se stesso).
Nella spassosa lotta tra America ed Europa Julie Delpy non fa vincere nessuno – più intelligentemente, predilige la strada del sarcasmo che tutto condanna, ma con bonarietà e una certa dose di serietà, cercando al contempo uno spazio per riflettere sui meccanismi mai facili del rapporto uomo-donna.
Carina l’idea del fidanzato che si confida quotidianamente con la sagoma a grandezza naturale di Obama, come anche l’escamotage (forse un po’ eccessivo) grazie al quale Marion sfugge alle minacce di sfratto di un’odiosa vicina. Qualche concessione al sentimentalismo nel finale non toglie spessore ad una commedia più che buona, accompagnata da una colonna sonora firmata quasi interamente dalla stessa Delpy.
Distribuito dalla Officine Blu, 2 giorni a New York sarà nelle nostre sale dal 9 gennaio.