About Dry Grasses, recensione del film di Nuri Bilge Ceylan – Cannes 76

Il nuovo film dell'acclamato regista turco potrebbe puntare a premi importanti al Festival di Cannes 2023.

About Dry Grasses

Tutto ciò che hai conosciuto qui è noia“. Arriva in concorso al Festival di Cannes About Dry Grasses il nuovo film del celebre regista turco Nuri Bilge Ceylan, già vincitore della Palma d’Oro per Il regno d’inverno – Winter Sleep nel 2014. Tra una malinconia arida come l’erba del suo titolo, scontri dialogici e lunghe camminate nella neve, il nuovo film di Ceylan si configura indubbiamente come una delle proposte più interessanti del Festival, Nel cast, Deniz Celiloğlu, Musab Ekici, Merve Dizdar.

 

About dry grasses, la trama: noia imperante

Samet (Deniz Celiloğlu), un giovane insegnante che ha prestato servizio obbligatorio nella scuola di un piccolo villaggio della Turchia dove esistono solo due stagioni, inverno ed estate, attende di poter procedere con il trasferimento a Istanbul, sperando di andare incontro a nuova vita nella cosmopolita capitale. Dopo una lunga attesa, perde ogni speranza di sfuggire dalla sua squallida vita quando viene accusato di comportamenti inopportuni nei confronti dei suoi studenti. Tuttavia, l’amicizia con la sua nuova collega Nuray lo aiuta a ritrovare una prospettiva vincente.

L’Anatolia sudorientale, agli occhi di Samet, è un posto in cui la noia regna sovrana e da cui vorrebbe fuggire; ecco allora che il regista Ceylan interviene in soccorso del suo personaggio imbastendo una serie di azioni che movimentino il tutto. Eppure, quando si tratta di giocare, Saman dimostra di essere caratterialmente molto più simile al territorio da cui tanto vuole evadere. Insegue una sua idea imprecisa di verità, che verrà contrastata e anche smorzata, a riprova della futilità di un pensiero che il personaggio ha abbozzato nella sua testa ma non è mai diventato atto compiuto.

Uomini interrotti

Trattato sugli effetti che la monotonia genera sulla psiche di uomini per nulla risolutivi ed eterni adolescenti, About Dry Grasses eleva esponenzialmente la capacità di Ceylan di inquadrare il dialogo, centellinarlo oppure renderlo verboso per caratterizzare i suoi personaggi, figli di un territorio in cui è la natura a imporsi sull’uomo, ad appiattirne ancora di più le velleità o a generare un impeto di ribellione nei loro cuori a seconda dei casi.

Kenan e Samet sono due uomini messe alle strette da due donne in diverse fasi della vita. Una lotta tacita tra fratelli non di sangue ma di terra, personalità distanti che nascono e crescono da un’unica radice e, in base ai rispettivi percorsi di vita, possono germogliare o seccarsi. Sono le donne che attivano la riflessione negli uomini, che insinuano il dubbio nelle loro menti e li mettono alla prova. Attraverso la conoscenza e anche lo studio di queste figure femminili, forse è possibile trovare qualcosa di inedito in un territorio già battuto: forse la giovane Saman nasconde un germoglio in se, forse ancora non lo sa, ma il solo fatto di riuscire a coglierlo dall’esterno è un regalo. Forse Ninay potrebbe scuotere le fondamenta di un’amicizia, o diventare il terzo uomo in questo rapporto tra uomini interrotti.

Ruralità dei sentimenti

Sono le inquadrature fisse di About Dry Grasses a definire i contatti, i dialoghi, le attese che intercorrono tra i personaggi. Il tempo è un concetto paradossale nella Turchia rurale: l’attesa del trasferimento a Istanbul potrebbe sembrare infinita, ma un dialogo concitato di una donna (Ninay) che interroga un uomo (Saman) sulle sue idee politiche, può mettere talmente a disagio da estendere il tempo del racconto fino a guidare con mano i personaggi a delle scelte.

L’erba secca può essere calpesata solo se prima si calpesta la neve. Anche se si è infortunati, infreddoliti, sprovvisti di un mezzo, l’inverno turco non fa sconti: l’aridità è già nella neve, in una distesa di bianco tutt’altro che angelica, anche se in mezzo vi sono i bambini che giocano. Puoi fermare l’attimo – e Ceylan lo ferma e immortala veramente con inserti fotografici – ma la verità è che l’attimo è già fermo e noi con lui. Allora, forse è meglio andare, percorre distanze fisiche piuttosto che cercare di riallineare quelle mentali. Incolpare la geografia per il nostro stato mentale, piuttosto che accettare di essere diventati come il paesaggio. Aridi, inconsistenti, persi.

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