Bambini vivaci, bambini
chiacchieroni, che non stanno fermi, non ascoltano e non si
concentrano nel fare i compiti. Tutto normale, no? A quanto pare
no. Già dall’età di un’anno a vostro figlio potrebbe essere
diagnosticata una “malattia” curabile solo con gli psicofarmaci.
Stiamo parlando della ADHD – Deficit dell’attenzione e
Iperattività, una anomalia neuro-chimica geneticamente
determinata.
ADHD Rush Hour di Stella Savino, esplora proprio la linea sottile che separa questo tipo di comportamento considerato da noi “normale per un bambino” e la diagnosi della, erroneamente chiamata “malattia”, ADHD. Se tutte queste diagnosi fossero affrettate e fatte da persone non con le giuste qualifiche, è giusto somministrare preventivamente psicofarmaci a dei bambini? Questi farmaci sono classificati dalla DEA nello stesso gruppo dei narcotici (insieme ad eroina, morfina e cocaina) e l’ONU parla di emergenza sanitaria, denunciando la sovrastima di diagnosi e eccessivo uso di farmaci in età infantile. La comunità scientifica si divide su cosa sia effettivamente la ADHD da oltre 50 anni, ma la diagnosi affrettata, in particolare in America, è all’ordine del giorno, catalogando il bambino come affetto da deficit dell’attenzione e eliminando il problema comportamentale a scuola.
Il punto forte del documentario della regista napoletana è stato il dare voce ai veri protagonisti di questa storia. Non solo un viaggio tra laboratori di genetica, professori universitari e studiosi del caso, che ci danno dettagli “accademici” sull’ADHD dall’America alla Nuova Zelanda, passando dall’Italia.

Il primo lungometraggio di Stella Savino , prodotto da Andrea Stucovitz e distribuito da Microcinema, ci introduce in un mondo poco affrontato e soprattutto poco conosciuto, ben documentandolo ed esplorando l’argomento. Il dubbio nasce sulla distribuzione al cinema che, probabilmente e purtroppo, attirerà solo chi già il problema lo conosce e vuole saperne di più e fallendo nella sua primaria funzione di diffusione.

