Benur – Un gladiatore in affitto – recensione

Benur – un gladiatore in affittoRaccontare il dramma sociale attraverso una commedia: da qui è partito Massimo Andrei, già regista di quel Mater Natura che nel 2006 gli valse il Premio della Critica a Venezia, ora tornato dietro la macchina da presa per dirigere questo divertito ritratto della miseria umana: Benur – Un gladiatore in affitto.

 

Sergio e Maria (Nicola Pistoia ed Elisabetta De Vito) sono due fratelli-coinquilini cinquantenni alle prese con i loro stravaganti lavori: lui, ex stuntman di Cinecittà infortunatosi gravemente sul set di un kolossal, fa il Centurione romano al Colosseo, lei si guadagna da vivere attraverso una hot-line telefonica.

Vivono a Tor Sapienza, tra l’affitto che incombe, pochi svaghi e i soldi che non bastano mai. A cambiare il corso delle loro esistenze ci penserà Milan (Paolo Triestino), bielorusso clandestino disposto a tutto pur di lavorare – anche a diventare lo “schiavo” personale di Sergio, sostituendosi allo sfortunato romano nel suo ruolo di gladiatore. In poco tempo l’extracomunitario diventa il beniamino dei turisti, integrandosi con la banda di squattrinati “colleghi” e garantendo a Sergio e Maria quell’agiatezza economica da sempre ricercata.

Benur – un gladiatore in affitto posterPresentato fuori concorso al Festival del Cinema di Roma 2012 e prodotto da Flavia Parnasi, Benur – Un gladiatore in affitto si muove su due poli narrativo-geografici: la Roma archeologica del Colosseo e quella della periferia estrema, dove le difficoltà economiche si riflettono  nell’impoverimento e nel degrado morale senza speranza che ha colpito i due protagonisti. L’unica via di fuga allora è quella dello sfruttamento e del guadagno facile, ottenuto grazie alla genialità instancabile di chi non ha più nulla da perdere e che è sempre pronto a trovare nuovi strumenti di sopravvivenza (come quello di costruire una biga romana per aumentare le mance giornaliere).

Tratto dall’omonimo testo teatrale di Gianni Clementi, qui autore del soggetto e della sceneggiatura, la prova registica di Andrei vanta una buona idea di partenza ma delude per il modo in cui viene sviluppata, basandosi per la maggior parte del tempo su una recitazione aggressiva, quasi urlata, eccessiva nella sua voglia di rappresentare l’abbrutimento umano di Sergio.

Anche la figura dell’extracomunitario rasenta a tratti il clichè dello straniero sprovveduto, che sfoggia un italiano semi-inventato e approssimativo per poi convertirsi a metà storia al dialetto romanesco del suo padrone e alla grossolanità delle sue battute.

Interessante però la riflessione agro-dolce condotta sui poveri di oggi – quegli italiani disperati che, alla prima occasione, ostentano macchine di lusso e costosi impianti stereo come simbolo indispensabile di un nuovo status sociale. Sullo sfondo, la tragicità di una crisi che porta i più alla rassegnazione, nella credenza comune che combattere sia, in fondo, inutile.

Gli eventi sono scanditi dal ritmo implacabile e dal brio delle musiche di Nicola Piovani, mentre la fotografia ha potuto contare sulla bravura di Vittorio Omodeo Zorini (candidato al David di Donatello 2011 per “Venti Sigarette”).

In uscita il 1 maggio, “Benur” è stato realizzato con il sostegno del MiBAC e della Regione Lazio.

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Ilaria Tabet
Laureata alla specialistica Dams di RomaTre in "Studi storici, critici e teorici sul cinema e gli audiovisivi", ho frequentato il Master di giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso. Successivamente, ho svolto uno stage presso la redazione del quotidiano "Il Riformista" (con il quale collaboro saltuariamente), nel settore cultura e spettacolo. Scrivere è la mia passione, oltre al cinema, mi interesso soprattutto di letteratura, teatro e musica, di cui scrivo anche attraverso il mio blog:  www.proveculturali.wordpress.com. Alcuni dei miei film preferiti: "Hollywood party", "Schindler's list", "Non ci resta che piangere", "Il Postino", "Cyrano de Bergerac", "Amadeus"...ma l'elenco potrebbe andare avanti ancora per molto!