Dog, recensione del film di e con Channing Tatum

Dopo aver regalato al mondo dell'intrattenimento tante commedie e action, Channing Tatum si concede l'esordio alla regia in un film in cui è anche protagonista.

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Channing Tatum, danzerino protagonista di Magic Mike, sorprende il suo pubblico con il suo esordio dietro alla macchina da presa, Dog. Talvolta il metodo per giudicare la riuscita di un lungometraggio deve essere quello di riconoscere l’intelligenza e la lucidità con cui è stato realizzato. Per alcuni progetti questo conta probabilmente anche più dell’originalità stessa.

 

Nel caso di attori celebri passati dietro la macchina da presa tale tentativo ha portato a risultati artistici in qualche caso addirittura eccellenti: basta pensare agli esempi di Robert Redford (Gente comune, In mezzo scorre il fiume, Quiz Show), Kevin Costner (Balla coi lupi, Terra di confine), Mel Gibson (Braveheart) o George Clooney (Good Night, and Good Luck, In amore niente regole). La stessa prospettiva può tranquillamente essere applicata a Dog, esordio di Channing Tatum come co-regista insieme al suo amico e storico produttore Reid Carolin.

Dog, la trama del film

La star si cuce addosso con indubitabile lungimiranza il ruolo dell’ex-soldato Jackson Briggs, dismesso a causa di una ferita alla testa in battaglia, il quale non riesce a ricostruirsi una vita al di fuori di quella militare. Una missione sul suolo americano però potrebbe riportarlo al fronte: gli viene infatti ordinato di portare il “war dog” Lulu, con cui ha passato molti momenti drammatici in missione, al funerale del sergente Rodriguez, morto in azione. Il viaggio in macchina servirà a Briggs non soltanto per riallacciare il rapporto con l’animale anche lui traumatizzato, ma soprattutto per tentare di rimettere insieme i pezzi di una vita al limite del baratro. 

Il pregio maggiore di Dog è quello di non spingere mai eccessivamente sul pedale del melodramma, anche se storia e personaggi messi in scena rappresentano l’America messa ai margini, quella di coloro che non hanno alcun vero futuro se non dentro la vita militare. Un tema che l’industria dell’entertainment americano ha affrontato in passato con notevole profondità, ma che negli ultimi tempi sembrava aver “dimenticato”. Il film di Tatum al contrario dipinge un ritratto umano complesso, costretto in una situazione economico-sociale che non sembra realmente lasciargli alternative se non quella di mettere in gioco la propria vita, in un modo o nell’altro.

Un road-drama-movie

L’impalcatura narrativa classica del road-movie viene dipanata dalla sceneggiatura grazie a un equilibrio tra dramma umano e momenti più leggeri molto ben concertato, che consente a Channing Tatum di esplorare molte delle sfaccettature del protagonista con più che discreta adesione psicofisica. E qui si nota, come scritto, l’acutezza con cui l’attore-regista ha costruito il suo film in modo da non andare mai a toccare corde capaci di esporre i limiti delle sue capacità di interprete: flirtando con il faceto anche quando i momenti sono invece più che seri, Tatum se la sbriga egregiamente attraverso una delle performance più riuscite della sua carriera, se non addirittura la migliore.

È ovviamente lui il cuore pulsante di Dog, lungometraggio che senza tentare di essere mai originale preferisce al contrario battere con solidità e sicurezza strade già percorse. Non succede nulla che non si possa prevedere con largo anticipo nel corso del film, ma questo non allenta la presa emotiva sullo spettatore. Al contrario forse proprio perché abbiamo visto tante volte al cinema una storia di questo tipo, sappiamo riconoscere la fattura di un prodotto che sa quali corde emotive toccare, e soprattutto comprende perfettamente come farlo.

Ogni volta che Dog rischia di scivolare nel melodrammatico, sceneggiatura e regia sanno condire gli eventi con un pizzico di realtà che li rende ancor più verosimili, tangibili e quindi emozionanti. A suo modo Dog è un film trattenuto, e per questo capace di scavare in profondità. Una sorpresa più che lieta che rilancia a nostro avviso la figura artistica di Channing Tatum dopo qualche anno di leggero appannamento.

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