Dolceroma: recensione del film di Fabio Resinaro

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Con Dolceroma, Fabio Resinaro – affiancato in sceneggiatura da Fausto Brizzi e con Luca Barbareschi nel doppio ruolo di produttore e protagonista – costruisce una satira pop e corrosiva sul mondo del cinema romano. Il film si muove tra ironia, pulp e malinconia, raccontando un’industria spettacolare e decadente, popolata da ambizioni frustrate, vizi, illusioni e piccoli fallimenti quotidiani. In questa cornice, Dolceroma dialoga quasi apertamente con La Grande Bellezza, restituendo un’altra versione della stessa “Roma bellissima e morta dentro”, qui declinata in modo più scanzonato e irriverente.

Trama di Dolceroma

Andrea Serrano (Lorenzo Richelmy) è un giovane scrittore che ha pubblicato da solo il proprio romanzo, senza ottenere alcuna attenzione. La svolta sembra arrivare quando Oscar Martello (Luca Barbareschi), produttore dal carattere esplosivo e imprevedibile, compra i diritti del libro per farne un film. Intorno a loro ruotano attrici in cerca di successo, registi improvvisati, camorristi “prestati al cinema” e un intero sistema di illusioni che si alimenta da sé.

Nel tentativo di trasformare il romanzo in un film commerciale, Martello crea un gigantesco caos produttivo che trascina Andrea in un vortice di inganni, bugie e ricatti. Il mondo del cinema si rivela presto un labirinto fatto di finzione, ambizione e compromessi: una giostra dalla quale è impossibile scendere senza sporcarsi.

Il film affonda le mani nel cinema romano, raccontandolo come un ecosistema affollato di feste, decadenza, piccoli opportunismi, talenti mancati e ambizioni fermentate. Un luogo in cui convivono attricette in cerca di notorietà, produttori travolti dalle loro stesse ossessioni, aspiranti artisti che galleggiano nella melma o affondano tentando di uscirne. Resinaro conosce bene questo mondo e lo rappresenta con un tono che mescola satira, pulp, ironia e un sottile malessere di fondo, come se ogni risata fosse sempre a un passo dal disgusto.

Il percorso del giovane scrittore interpretato da Lorenzo Richelmy diventa così la lente attraverso cui osservare un intero sistema: la sua ingenuità apparente si scontra con una macchina che lo inghiotte, lo plasma, lo usa e lo risputa, mentre attorno a lui si muove una fauna variopinta che incarna senza filtri vizi, debolezze e autoinganni del settore. Richelmy sorprende per la capacità di cambiare pelle rispetto ai suoi ruoli più dinamici, trovando qui una misura più dimessa e credibile, mentre Claudia Gerini veste il ruolo di un personaggio che incarna perfettamente il duplice volto di quel mondo: sensuale, appiccicoso, irresistibile e al tempo stesso respingente, proprio come il miele prodotto dal suo personaggio.

Satira dell’industria e personaggi sopra le righe: cosa racconta davvero Dolceroma

Ma a dominare la scena è Luca Barbareschi, produttore che interpreta un produttore, figura eccessiva, sguaiata, viziosa, piena di difetti eppure visceralmente attaccata al fuoco del cinema. È lui il motore del film, l’elemento destabilizzante, il corpo grottesco che trascina tutti in un circo di cui controlla le regole e che allo stesso tempo lo divora. Le sue battute, volutamente taglienti e sopra le righe, sono tra gli elementi più divertenti e corrosivi dell’intera operazione, insieme alla presenza di Libero De Rienzo, che con il suo camorrista sfiora il surreale diventando quasi un contrappunto comico e minaccioso al tempo stesso.

Tra citazioni cinefile, situazioni che flirtano con il pulp e momenti in cui la satira diventa quasi feroce, Dolceroma funziona come un grande gioco meta-cinematografico, uno specchio deformante che restituisce un’immagine esagerata ma non meno riconoscibile dell’industria che rappresenta. Resinaro e i suoi co-autori non risparmiano nulla e nessuno: non la fiction televisiva, non i premi, non Roma, non i meccanismi stessi del cinema italiano e neppure l’ambizione del protagonista. È un film che osserva e al tempo stesso partecipa al mondo che racconta, come se ognuno dei suoi autori stesse approfittando dell’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

Pur con una parte centrale che rallenta il passo e indulge un po’ troppo nella digressione, Dolceroma resta un film divertente, disinvolto, sorprendente. È consapevole della sua natura sopra le righe e gioca con essa senza pudore, costruendo un racconto che intrattiene, diverte e regala uno sguardo cinico ma efficace su un ambiente che vive di contraddizioni. Un carrozzone volutamente e orgogliosamente esagerato, da cui si scende con la sensazione che, tra una risata e un eccesso, il film abbia raccontato più verità di quante sembri.

Dolceroma è un film imperfetto ma irresistibile, un carrozzone caotico e divertente che unisce ironia, pulp e malinconia. Ci si sale a bordo consapevoli che tutto sarà sopra le righe, ma proprio per questo funziona: diverte, sorprende e permette ai suoi autori di togliersi più di un sassolino dalla scarpa. Barbareschi è il mattatore assoluto, Richelmy è una rivelazione in sottrazione, e il film complessivamente è un’operazione fresca, coraggiosa, piena di personalità.

Dolceroma
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Sommario

Dolceroma è un divertente carrozzone su cui si sale consapevoli di assistere a una storia sopra le righe che però non riesce a prendersi abbastanza alla leggera in più di un’occasione.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice e Direttore Responsabile di Cinefilos.it dal 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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