E poi c’è Katherine, recensione del film con Emma Thompson

E poi c'è Katherine recensione

Arriva in sala il 12 settembre E poi c’è Katherine, il film Nisha Ganatra, che vede protagonista e sceneggiatrice Mindy Kaling, al fianco di una brillante Emma Thompson.

 

Nel 2006 c’era Il Diavolo Veste Prada, il mondo della moda, l’apparenza e le donne tutte intorno a un ideale di bellezza frivolo, nel 2019, dopo il #MeToo, la stessa storia non si può più raccontare con gli stessi termini. E così la protagonista diventa una ragazza indiana, il mondo delle riviste di moda quello dei Late Show e nessuna ragazza ucciderebbe per quel posto, ma almeno una ragazza deve starci, nel team, perché la società e la parità lo impongono. Poco importa se al comando, allora come ora, c’è una donna bianca, nei suoi 50, che ha tagliato numerose teste per stare in vetta.

Molly è una ragazza indiana che viene assunta nello staff di autori di Katherine Newbury, conduttrice del suo Late Show e vera e propria leggenda della tv. La donna, fredda e decisa, ha deciso di assumere una donna, meglio se una minoranza etnica, per cercare di ripulire la sua immagine e Molly, che capisce di essere stata assunta perché donna indiana e non per le sue capacità, deve faticare non poco per farsi considerare degna di quel ruolo. Il cammino delle due donne, che comincerà su binari separati e lontani, arriverà ad un punto d’incontro, conciliante, in un finale scontato.

Ganatra racconta una storia incredibilmente attuale, ma lo fa con grande ironia e qualche volta cinismo. Si avvale di due donne straordinarie, da una parte la magnifica Emma Thompson, brillante donna in carriera che sfiora il cliché della strega cattiva ma che riesce ad addolcirsi a a capire che venirsi incontro è meglio che combattersi, soprattutto tra donne, e dall’altra la Kaling, che porta al film non solo ironia e comicità, ma anche un’esperienza personale autentica, dato il suo ruolo di autrice in The Office.

Quello che E poi c’è Katherine manca di approfondire è il meccanismo che c’è dietro alla costruzione di una battuta, di un programma come quelli che negli Stati Uniti funzionano alla perfezione, grazie alla presenza di talentuosi anchorman quali Jimmy Kimmel o Seth Meyers (che interpreta se stesso nel film). Nel film, tuttavia, la protagonista/sceneggiatrice e la regista riescono ad aprire una porta su quello che potrebbe/dovrebbe essere il rapporto che c’è tra le donne, anche sul posto di lavoro.

Nel post #MeToo, E poi c’è Katherine lancia un messaggio di comunicazione e complicità, di parità in un mondo in cui le donne devono sempre fare un po’ di fatica in più, anche contro loro stesse. Nonostante l’apparente banalità di quanto il film vuole dire, non si tratta di un messaggio scontato, e soprattutto si sceglie di porlo al pubblico tutto in maniera intelligente e leggera.

Guarda il trailer di E poi c’è Katherine

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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