Encanto: recensione del film d’animazione Disney

Al cinema dal 24 novembre, Encanto è il 60esimo classico d'animazione della Disney, ricco di musica, colori e diversità.

Encanto Disney

Un tempo la protagonista di Encanto, il 60esimo classico d’animazione Disney diretto da Byron Howard e Jared Bush, autori anche di Zootropolis, sarebbe stata Isabela, ragazza estremamente attraente, adorata da tutti e capace di far sbocciare fiori a suo piacimento. Oggi, invece (e per fortuna), protagonisti possono esserlo anche coloro che un tempo non erano minimamente considerati se non per ruoli marginali. Ecco dunque che a guidare il racconto del film vi è Mirabel, ragazza impacciata, con il viso tondo, il naso grande e le sopracciglia folte. Nel rendere lei il principale tra i tanti personaggi che animano il film si conferma la volontà della Disney di perseguire una maggiore inclusività e diversità in ciò che si mostra e racconta.

 

Film come La principessa e il ranocchio e il più recente Oceania avevano già apportato significativi cambiamenti nella raffigurazione dei personaggi femminili della Disney e con Encanto questo discorso si manifesta in modo ancor più esplicito. Protagonista è dunque Mirabel, appartenente alla famiglia Madrigal, la quale vive nascosta tra le montagne della Colombia in una casa magica, frutto di un miracolo verificatosi tempo addietro. Tale magia, inoltre, ha donato a tutti i membri della famiglia, tranne Mirabel, un potere unico. Quando proprio quest’ultima scopre che la magia che circonda il luogo è però in pericolo, capisce che lei, l’unica Madrigal ordinaria, può essere l’ultima speranza della sua straordinaria famiglia.

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Encanto: siamo tutti umani, siamo tutti speciali

Quella che Bush, Charise Castro-Smith e Lin Manuel Miranda, hanno scritto è una storia strutturalmente semplice e rientrante nei canoni della Disney, forse anche troppo. Il percorso che intraprende Mirabel per scoprire cosa minaccia la magia della sua famiglia prevede infatti una serie di tappe annunciate attraverso le quali scoprirà molto più di quel che pensa, tanto su di sé quanto sugli altri membri della famiglia. Sotto questo aspetto, Encanto non brilla dunque di originalità, a tal punto che la conclusione arriva quasi a sorpresa, con uno svelamento del mistero non particolarmente entusiasmante. Molto più interessante, invece, è parlare di ciò che il film desidera rappresentare e trasmettere.

Nell’introdurre il film, i due registi hanno raccontato il loro desiderio di avere come protagonista una famiglia numerosa, con i vari membri rappresentanti ognuno una sfumatura diversa di questa. Durante il percorso di Mirabel, dunque, più che svelare un mistero si ha modo di conoscere meglio ognuno di loro e i rapporti che li legano. Ci si presenta così davanti agli occhi una sorprendente varietà di personalità, dal confronto con le quali emerge un tema sempre più affascinante, ovvero il peso delle responsabilità. Ognuno dei personaggi è infatti schiavo del proprio talento, dietro al quale si nasconde però quella fragilità e complessità che ci rende umani.

Se Luisa è la forzuta della famiglia, sulle cui possenti spalle ricadono tutti i compiti più gravosi, Isabela è al contrario la principessa perfetta a cui tutti guardano come il futuro della famiglia. Questi aspetti di facciata vengono dunque scardinati attraverso sequenze musicali particolarmente coinvolgenti e commoventi, che ci ricordano ai tempi dei social quanto sia facile sfoggiare solo il meglio di sé. Molto più difficile e coraggioso è invece mostrarsi per ciò che si è davvero, con tutti i propri pregi e difetti. Soltanto facendo così ci si può aprire a chi ci circonda, evadere le aspettative e costruire rapporti più sani.

Encanto recensione

Encanto: la recensione del film

Encanto si presenta dunque come una grande metafora sulla famiglia, sulla necessità di essere ciò che si è e non altro da sé. Ognuno è speciale e indispensabile a suo modo e questo è certamente, a livello contenutistico, ciò che di più bello il film ci racconta. Naturalmente, se la struttura della narrazione presenta delle ingenuità altrettanto non si può dire del comparto tecnico. Encanto è un perfetto figlio di quel progresso dell’animazione sempre più stupefacente, che ha oggi raggiunto risultati estetici a dir poco sbalorditivi. La cura per i dettagli, ovviamente, è ciò che sorprende di più e gli occhi dei personaggi raramente sono stati così espressivi.

Ciò che davvero rende speciale il film, però, sono le sue canzoni e le sequenze realizzate per accompagnarle. Brani come Waiting for a Miracle, Surface Pressure e We Don’t Talk About Bruno, composti da Lin-Manuel Miranda, sono irresistibilmente coinvolgenti e le animazioni ricche di fantasia e colori a cui si associano li rendono da subito dei classici. Encanto è dunque una gioia per gli occhi e le emozioni più profonde in ognuno di noi e ciò permette forse di perdonare la semplicità narrativa, specialmente considerando i messaggi trasmessi, oggi più che mai necessari.

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RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
encanto-recensione-disneyEncanto è una gioia per gli occhi e le emozioni più profonde in ognuno di noi e ciò permette forse di perdonare la semplicità narrativa, specialmente considerando i messaggi trasmessi, oggi più che mai necessari. Ciò che davvero rende speciale il film, però, sono le sue canzoni e le sequenze realizzate per accompagnarle.