Epic – Il mondo segreto: recensione del film

Epic - Il mondo segreto

«Solo perché non hai visto qualcosa non vuol dire che non esista» ricorda sempre il bislacco professor Bomba (Jason Sudeikis) a sua figlia Mary Katherine (Amanda Seyfried), provando ad arginare il suo costitutivo e radicato scetticismo e invitandola a spingersi oltre i confini di un primo strato di realtà, quello manifesto, per poter scoprire che ne esiste un altro, più piccolo ma altrettanto vivace e misterioso. Fin da bambina la giovane protagonista di Epic – Il mondo segreto era incredula di fronte ai racconti paterni che suscitavano – niente di più, niente di meno- lo stupore delle fiabe ma, a lungo andare, anche rabbia e incomprensione verso un padre assente, impegnato a inseguire l’esistenza di abitanti in miniatura, guardiani coraggiosi  e condottieri, della natura e della foresta. Fino a quando un’evento inaspettato non le mostrerà che  è proprio tutto vero catapultandola, in versione più ridotta, in una fantastica avventura.

 

Epic – Il mondo segreto, il film

Basato sul libro per bambini The Leaf Men and the Brave Good Bugs di William Joyce Epic – Il mondo segreto è il nuovo film d’animazione degli Blu Sky Studios, diretto da Chris Wedge e distribuito nelle nostre sale dalla 20th Century Fox, a partire da domani. Dopo la parabola deludente dei quattro capitoli dell’Era glaciale, la casa di produzione americana risolleva aspettative e ambizioni proponendo una storia coinvolgente e affascinante, sostenuta nel ritmo e nell’emozione.

L’epica lotta tra le forze del bene e del male, per conquistare il dominio di mondi fatati, è un leitmotif del genere fantasy e di animazione, che difficilmente stanca perché capace di combinare, al suo interno, elementi tipici del romanzo di formazione (il percorso di crescita del personaggio), unitamente a quelli fiabeschi e d’avventura, tesi invece a rispolverare l’immaginazione. Non si tarderà dunque a riconoscere l’omaggio ai precedenti cinematografici sul tema, dalla Storia Infinita di Wolfgang Petersen ad Alice nel paese delle meraviglie della Walt Disney, fino al capolavoro della nostra infanzia Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi di Joe Johnston: quest’ultimo citato, esplicitamente, nella scena del gatto gigantesco che rincorre la sua preda umana, disorientata dalle mutate proporzioni. Il tutto qui acquista spessore e profondità, non soltanto per la tecnologia digitale e il 3D, ma anche per le splendide musiche di Danny Elfman: il perfetto commento sonoro a eventi e sentimenti messi in scena.

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