Felice chi è diverso recensione del film di Gianni Amelio

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Felice chi è diverso recensione L’omosessualità in Italia dal Fascismo agli anni ’80, raccontata da chi l’ha vissuta e dai media – tv, cinema, stampa. Testimonianze di chi era considerato “diverso” in una società che negava l’omosessualità (periodo fascista), in cui i media, che contribuivano a formare l’opinione pubblica, ne parlavano appena (anni ’50), o lo facevano per  deridere, sbeffeggiare, offendere (anni ’60).

 

Due facce in violento contrasto, alternate con sapiente lavoro registico e di montaggio: una – ricostruita con materiali di repertorio dell’Istituto Luce e non solo –  che vuole “curare”, che parla di “pericolose incertezze”, “diagnosi precisa e ahimè definitiva”, che usa disinvoltamente epiteti come “capovolti”, “anfibi”, “soggetti smarriti” nei confronti degli omosessuali. L’altra, quella di chi è stato soggetto a quelle “cure”, parla di confino e manicomio, umiliazioni in famiglia, allontanamento, accettazione solo in ambienti più culturalmente aperti, più propensi ad accogliere chi è “diverso essendo diverso” – come dice di sé Paolo Poli, riprendendo la poesia di Sandro Penna citata nel titolo – quali il mondo della moda o dello spettacolo.

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Il contrasto tra il contenuto del documentario e il titolo è evidente ed è ciò che più colpisce. Ascoltando questi racconti, infatti, l’impressione che si ha è tutt’altro che di felicità, ma di un passato doloroso, di ferite profonde spesso ancora aperte o che hanno compromesso irrimediabilmente anche il presente, di una solitudine, una difficoltà che perdura, ma dalla quale coraggiosamente nessuno degli intervistati si è fatto vincere, negli ambiti e nelle situazioni più disparate. È questo il tema principale: riflettere, come spinge a fare anche l’intervento di un diciottenne di oggi, su quanta strada sia ancora necessaria per giungere a una vera libertà, alla sconfitta dell’omofobia. Il titolo, dunque, sembra ancora più un auspicio che una realtà. Se la condanna dell’omofobia pare ora generalizzata nella società, nelle istituzioni, nei media – gli stessi che mettevano alla gogna uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo (la parte di repertorio che riguarda Pier Paolo Pasolini è tra i momenti più forti del lavoro) – ciò non esclude l’esistenza di comportamenti omofobi, manifesti o più striscianti e nascosti, ma ugualmente insidiosi.

Il lavoro è appassionato e intenso, con commenti sonori che esaltano i momenti più significativi, come Che cosa sono le nuvole di Pasolini-Modugno o Cu’mme versione Murolo-Martini.

Per capire meglio certi passaggi dei racconti, avrebbe giovato inserire nel documentario e non solo nei titoli di coda, i nomi e i riferimenti di chi di volta in volta interviene. Il regista sceglie invece di ometterli, per dare lo stesso valore a tutte le testimonianze e più al disegno d’insieme che al singolo.

Scilla Santoro
Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni c'è proprio la musica (rock e pop), assieme alla pittura e all'arte in genere.

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