La mattina del 6 agosto del 1974 i newyorkesi si sono svegliati con il naso all’insù, guardando in quello spazio, di circa 42 metri, che separava la vetta della Torre Sud dalla Torre Nord. Quella mattina, a New York, il funambolo Philippe Petit camminava su un cavo sospeso a 415 metri d’altezza, conquistando le Torri Gemelle ed entrando nella storia. Quest’impresa, già protagonista di un magnifico documentario del 2008, Man on Wire, diretto da James Marsh e premiato con l’Oscar, diventa il soggetto di The Walk, nuovo film di Robert Zemeckis con protagonista Joseph Gordon-Levitt.
In The Walk Philip è un ambizioso funambolo, un ottimista inguaribile che sogna in grande. Quando, su un giornale, legge che a New York si stanno erigendo due imponenti torri, decide quello che sarà il suo scopo principale, mettere un cavo tra le due strutture e attraversarlo. Comincia così un’avventura incredibile, un’appassionante vicenda che all’epoca fece grande scalpore e che ancora oggi desta incredulità ed emozione.
Robert Zemeckis fa immediatamente sua la vicenda, condendo il racconto di suspence, adrenalina, grande senso del cinema e dell’avventura. Forse proprio per questo la prima parte del film, più esplorativa e di preparazione, risulta stagnante, mentre nella seconda parte, quando Philippe e i suoi complici sono all’opera, è ricca, magica, emozionante. Utilizzando l’espediente dell’auto-racconto, Zemeckis mette al sicuro lo spettatore che non conosce la vicenda storica. Petit riesce nella sua impresa o comunque sopravvive a essa, e viene inquadrato sulla fiaccola della Statua della Libertà per raccontarcelo, ricostruendo con noi la vicenda. L’intensa interpretazione di Gordon-Levitt, che raramente sbaglia un colpo, ci mette di fronte alla forza d’animo, alla vitalità, alla voglia di affrontare l’ignoto ma soprattutto all’incredibile inclinazione artistica di un’anima pura e selvaggia, spesso intrattabile, ma comunque riconoscente e positiva.



