Hanna: recensione del film di Joe Wright

Hanna recensione

Joe Wright, uno dei registi inglesi più ‘britannici’ in circolazione, ha stregato pubblico e critica, a suo tempo, con due pellicole (quasi) perfette. Espiazione e Orgoglio e Pregiudizio l’hanno lanciato nell’Olimpo dei grandi cineasti, con un immediato riconoscimento anche da Hollywood che l’ha premiato con 10 nomination agli Oscar e adesso porta sul grande schermo la sua nuova storia, Hanna.

 

Attraversato l’oceano, Wright ha realizzato Il Solista, che per molti versi è un film decisamente minore a quelli che ci aveva offerto precedentemente Joe. Con Hanna, il regista si assume quindi il compito di riprendersi quegli spettatori (e quei critici) che lo avevano abbandonato nella sua terza regia.

Hanna è un’adolescente dalla pelle candida, gli occhi di ghiaccio e i capelli biondissimi e arruffati, vive in nei boschi del nord Europa, con un padre che giorno dopo giorno la addestra a diventare un soldato perfetto, in grado di combattere, sopravvivere e soprattutto uccidere. Vissuta per 16 anni in questo deserto di ghiaccio, Hanna si troverà catapultata nel mondo vero e con enorme meraviglia, vi troverà tutte le cose di cui aveva solo letto: l’elettricità, la musica, le altre persone. Ma soprattutto la ragazza verrà a conoscenza delle sue origini e dovrà fare i conti con una donna dai capelli color del fuoco e dall’animo di ghiaccio: la donna che deve uccidere.

Wright cambia marcia, ci fa dimenticare corsetti e sottovesti e ci catapulta in un universo freddo e spietato, offrendoci un lussuoso saggio di regia che stona con una sceneggiatura nel finale un po’ fiacca. Se tutta la prima parte del film incalza lo spettatore e lo incolla alla poltrona, a metà film l’esigenza di scoprire e sapere, insieme ad Hanna, maggiori dettagli e giustificazioni diventa una snervante attesa di conoscenza che alla fine lascia insoddisfatti. Il finale scialbo è forse quello che di peggiore c’è in un film per altri versi decisamente notevole.

Abbiamo già accennato all’incredibile capacità registica di Wright, che rimanendo fedele alla sua cifra stilistica per eccellenza, il piano sequenza, ne altera le movenze eleganti per adattarle a quelle della musica, firmata The Chemical Brothers, e dando un ritmo vincente alla fuga e alla caccia che nel film accompagnano i personaggi.

Fondamentale è la giovane protagonista Saoirse Ronan, che con Wright in Espiazione aveva conquistato la sua prima nomination agli Oscar, e che qui dimostra talento e profondità espressiva. La sua Hanna si trasforma da preda a cacciatore con una duttilità disarmante rendendo ancora più avvincente la storia e confermando l’immenso talento della piccola protagonista di Amabili Resti.

HannahAccanto a lei la divina Cate Blanchett, villain di turno, che con i soli occhi trasmette timore nel ruolo dell’agente speciale Marissa Wiegler. In ombra invece Eric Bana nei panni del padre di Hanna, Erik, troppo preoccupato di preoccuparsi per riuscire a ‘far funzionare’ il suo personaggio.

Il lupo diventa Cappuccetto Rosso e viceversa, in un mondo reale che Wright ha fuso con quello fiabesco ma inquietante del Fratelli Grimm, non dimenticando nemmeno la casetta di marzapane.

Hanna rappresenta sicuramente una rinascita per Wright, che si mette nuovamente in gioco con una storia e un genere straordinariamente distanti dal suo solito, e il regista si rivela all’altezza di questa nuova fatica.

Joe Wright è tornato.

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