Home Team: recensione della commedia Netflix

Tratto dalla storia vera dell'allenatore Sean Payton, Home Team una commedia per famiglie che parla di sport in modo tutt'altro che banale.

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Home Team, produzione originale Netflix, è in tutto e per tutto un feel-good movie: leggero, ironico e adatto a tutta la famiglia. Kevin James (Hitch, Un weekend da bamboccioni) e Taylor Lautner (The Twilight Saga) sono gli allenatori di football di un simpatico team di dodicenni, alle prese con i primi problemi adolescenziali. Con un film quasi interamente girato sul campo da football, si parla di sport a tutto tondo: dal punto di vista degli sportivi, degli allenatori e dei genitori.

 

La trama di Home Team

Sean Payton (Kevin James) è l’allenatore dei New Orleans Saints, squadra di football americano che, anche grazie a lui, riesce a vincere il Super Bowl. Sfortunatamente, in seguito ad uno scandalo, Sean viene sospeso dalla National Football League per un anno intero. Senza lavoro, l’allenatore decide di riavvicinarsi al figlio Connor: il ragazzino vive con la madre in Texas e gioca a football nel team locale. La sua squadra, i Warriors, è pessima, perde tutte le partite e non ha mai fatto un touchdown.

Vedendo il figlio giocare, Sean non riesce a trattenersi: prima dà solo qualche consiglio al coach Troy Lambert (Taylor Lautner), poi diventa ”il responsabile dell’attacco” dei Warriors, tentando, nell’arco di un solo campionato, di portare la squadra in cima alla classifica e di restaurare il rapporto con il figlio.

Sean Payton esiste davvero

Home Team è tratto dalla storia vera dell’allenatore di football americano Sean Payton. Ex-quarterback, dal 2006 guida i New Orleans Saints in NFL. All’apice del successo, dopo la vittoria del Super Bowl da parte dei Saints nel 2009, Payton viene coinvolto nello scandalo detto Bountygate: si scopre che i New Orleans pagano delle taglie per far compiere delle prestazioni vietate ai giocatori. Accusato di aver insabbiato il fatto, l’allenatore viene sospeso dalla NFL per un’intera stagione. Sean prova a fare ricorso e, nell’attesa, torna a Dallas per trascorrere un po’ di tempo con i suoi due figli, Meghan e Connor.

Home Team è quindi un mix di realtà e fantasia: alcune scene sono inventate, ma la storia alla base è quella: Payton ha davvero allenato i Warriors per una stagione, anche se, diversamente da quanto visto nel film, il team non era inizialmente così male.

Simpatia e genuinità

Home Team non è il primo film americano che ruota attorno al football, e probabilmente nemmeno l’ultimo. Nonostante ciò, il modo in cui il film affronta il tema dello sport è interessante, anche per chi non conosce la storia di Payton. Il team dei Warriors è genuino, fatto di ragazzini più o meno bravi, ma tutti simpaticissimi. Il ritratto che i registi hanno deciso di fare a questi pre-adolescenti non è affatto banale: non sono antipatici e scontrosi, si supportano a vicenda, gioiscono anche per i più piccoli successi e, soprattutto, giocano per il gusto di fare sport. Per Sean entrare in contatto con loro è catartico, lo riporta all’essenza vera del football, fatta di gioco e divertimento.

I Warriors sono un team variegato, a livello di caratteri, conformazione fisica, etnie. Nessuno viene escluso, tutti sono sullo stesso piano. L’allenatore Kevin James fa di tutto per insegnare ai ragazzi il gioco di squadra e, nonostante il ruolo di Taylor Lautner rimanga nell’ombra per la maggior parte del film, è un’ottima figura.

Ogni personaggio a modo suo contribuisce all’ironia del film. Tra gli altri, l’aiuto-allenatore Mitch Bizone (Gary Valentine) è un ubriacone panzuto che riempie le borracce di birra e whiskey, mentre il nuovo compagno dell’ex-moglie di Sean (Rob Schneider) è un fricchettone appassionato di cucina vegana e yoga.

Un film tutto giocato sul campo

Home Team mette lo sport  al centro. La maggior parte del film si svolge nel campo e negli stadi, con i ragazzi che si allenano o che competono. L’azione è ben costruita e coinvolgente anche per chi non è un appassionato del football americano. La storia cresce e si sviluppa come la squadra, partita dopo partita.

Questa scelta mette sullo stesso piano tutti i punti di vista: quello degli allenatori, più o meno esperti, quello dei giocatori, in campo o in panchina, e quello dei genitori sugli spalti. Con la scusa del football, Home Team affronta tanti aspetti della vita, la competizione, l’adolescenza, la separazione, l’amicizia, e riesce a farlo con leggerezza.

In conclusione, Home Team è un film godibile, da vedere in famiglia e perfetto per farsi due risate anche con i più piccoli. L’ironia scelta dai registi Charles e Daniel Kinnane è rara di questi tempi. Piacevole, non volgare o esagerata: per molti aspetti – e alcune particolari scene e personaggi – il film ricorda il bellissimo Stand by me (1986) di Rob Reiner.

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