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Il coraggio di Blanche: recensione del film di Valérie Donzelli

Il film esce nelle sale italiane a partire dal 3 maggio distribuito da Movies Inspired e Circuito Cinema Distribuzione.

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Il coraggio di Blanche è un film francese diretto nel 2023 da Valérie Donzelli. La regista è più conosciuta in Italia come interprete del film La guerra è dichiarata, candidato agli Oscar come miglior film straniero nel 2012. Il titolo originale della pellicola è L’amour et les forêts, come il romanzo di Eric Reinhardt a cui la sceneggiatura è liberamente ispirata e proprio per questo premiato come miglior adattamento cinematografico ai premi César 2024. L’amore e i boschi: una dicotomia che è un peccato perdere nella traduzione (ma sappiamo che la storia degli adattamenti di titoli in lingua straniera in italiano non è tra le più felici, basti pensare al caso di Se mi lasci ti cancello). Da una parte l’amore, dall’altra le foreste, in un’immagine che raccoglie un intero racconto. Se ci troviamo a vagare nei boschi, fisici o psicologici che siano, siamo soli: l’amore è rimasto altrove e il nostro io più profondo con lui.

Il coraggio di Blanche: una storia universale e singolare

Quando si affronta un film sulla violenza di genere sembra sempre di averlo già visto. Perché solo due sono i finali possibili per le donne che ne sono vittime, ritrovarsi o perdersi del tutto, e perché la storia si snoda sempre, inevitabilmente, attraverso una serie di fasi che vanno dall’innamoramento, all’allontanamento dai propri cari, all’insinuarsi dei primi dubbi della coscienza inascoltati dall’anima che vuole amare, all’emergere inequivocabile della violenza. Dalla fiaba all’incubo, senza una sosta di coscienza alle varie stazioni, senza passare dal via.

Eppure non tutto è già stato visto, non tutto è già stato vissuto e il cinema rivendica il diritto di raccontare una storia universale in maniera singolare: in questo caso alla maniera di Blanche, la protagonista, interpretata da Virginie Efira, anzi: doppiamente interpretato da Virginie Efira che presta il volto anche alla sorella gemella di Blanche, Rose. Non è un caso che si scelga di inserire nella sceneggiatura questo particolare: i legami fra gemelli omozigoti sono tra i più forti e indissolubili eppure l’incontro con Grégoire Lamoureux (Melvil Poupaud) riesce a insinuarsi anche in questa relazione e ad allargare sempre più la distanza tra le due sorelle. I nomi dei protagonisti svelano un gioco di parole che sembra sottolineare come sia necessario fare attenzione alle apparenze: ‘l’amoureux’ significa infatti ‘l’innamorato’, mentre il cognome di Blanche, ‘renard’, significa ‘volpe’, ma i ruoli fanno presto a capovolgersi. O forse la piccola volpe non ha voluto vedere né sentire? ‘L’amavo fino alle lacrime che le facevo versare’ recita l’uomo nella prima notte d’amore. Gli abbracci, i sussurri, il contesto: tutto sembra perfetto finché arrivano esili segnali che solo l’ispessimento della ripetizione nel tempo rende visibili.

Il coraggio di Blanche Virginie Efira
LAMOUR-ET-LES-FORETS-©-2023-RECTANGLE-PRODUCTIONS-FRANCE-2-CINEMA-LES-FILMS-DE-FRANCOISE

Blanche non è libera nemmeno di annunciare alla sorella gemella la felicità di una gravidanza, senza accorgersi che il mondo dell’uomo di cui si è innamorata si sta richiudendo attorno a lei senza via di scampo. Come le brezze leggere che si avvertono nelle stanze dalle finestre chiuse senza capire da dove siano entrate, così Blanche avverte dubbi e sensazioni a cui non riesce a dare un nome e va avanti, fino a quando si accorge che ogni fibra del suo corpo è satura di un sentimento ineludibile che non è più l’amore, quanto lo smarrimento di chi si trova a vagare nella foresta perché ha smarrito la strada.

Il coraggio di riconoscersi come vittima

In una delle scene di violenza più feroci del film Blanche scorre le mani sui dorsi dei libri quasi a chiedere difesa a tutta la poesia e la letteratura di cui si è nutrita e che l’hanno resa una donna autonoma, capace di comprendere il mondo e le sue sfumature. Eppure né la sua educazione, né il suo lavoro, niente di tutto quello che ha saputo costruire nella vita sono bastate a tenerla lontano dall’orrore che sta vivendo.

A trasmetterle la consapevolezza che si stava abbandonando all’amore più che al suo portatore e che adesso ne è vittima. Vittima: una parola che le donne che subiscono violenza, soprattutto quella psicologica, fanno fatica a pronunciare, attribuirsi, perché vengono invece sempre accusate di essere colpevoli dell’infelicità dell’uomo che non sanno amare abbastanza. Abbastanza: un’altra parola importante che arriva come una liberazione quando qualcuno, qualcosa, dentro di noi, forse può arrivare a salvarci. Il coraggio forse, con l’augurio che tutte possano trovare il coraggio di Blanche.

Sommario

Quando si affronta un film sulla violenza di genere sembra sempre di averlo già visto. Eppure non tutto è già stato visto, non tutto è già stato vissuto e il cinema rivendica il diritto di raccontare ogni volta una storia universale in maniera singolare come riesce a fare la regista del film Il coraggio di Blanche di Valérie Donzelli

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