Il mio Domani: recensione del film di Marina Spada

Il mio domani

Il mio domani, primo film italiano in concorso a Festival del Film di Roma 2011, si presenta come un lungo viaggio interiore che lo spettatore vive attraverso gli occhi di Monica (Claudia Gerini), donna manager che improvvisamente decide di allontanarsi dalla vita costruita attorno alla sua routine, mettendo in discussione lavoro e affetti famigliari. Questo ultimo lavoro di Marina Spada (Poesia che mi guardi, Metafisica delle scimmie) affronta tematiche importanti che però durante tutto la svolgimento del film vengono solamente sfiorate e mai toccate con profondità: questo è il più grande limite di questo lungometraggio.

 

Al termine lo spettatore è assalito da un senso di vuoto, proprio quel vuoto che la Monica tenta di spiegare ai suo colleghi nella parte iniziale della pellicola, ma che contrariamente alle sue parole non potrà mai essere riempito in questi 88 minuti. L’interpretazione di Claudia Gerini risulta essere appropriata al suo personaggio, ma ben lontana dallo spessore che richiederebbe una Monica, il cui viaggio introspettivo andrebbe intrapreso anche dall’attrice romana per dare più valore ai suoi caratteri. Il mio domani si sforza di raggiungere quindi un livello altro di consapevolezza di sè di una donna che ha perso la sua stabilità e che nei piccoli particolari va ricercando quell’equilibrio ormai svanito. Peccato che puntualmente fallisca in questa impresa.

Nonostante l’esito finale, non felicissimo, del film, Il Mio Domani si caratterizza comunque per un’ottima collaborazione artistica, Spada/Gerini, che nella complicità e nell’amicizia ha trovata anche un ritmo artistico comune che si spera possa portare un domani a risultati migliori, importantissimi per il cinema italiano.

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