Il ritorno di Mary Poppins, la recensione

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Il ritorno di Mary Poppins al cinema era stato scongiurato da P. L. Travers, autrice dei romanzi che parlano della tata magica, che, dopo essere rimasta delusa dal primo adattamento di Walt Disney con Julie Andrews, lasciò a testamento che mai e poi mai nessuno avrebbe ritentato l’operazione. Gli eredi della scrittirce però hanno trovato il modo di aggirare la questione legale, visto che a distanza di 54 anni, Il ritorno di Mary Poppins è un film, al cinema dal 20 dicembre, sempre prodotto dalla Casa di Topolino.

 

Il musical, diretto da Rob Marshall, si annuncia come un sequel, in cui Mary Poppins torna dopo 20 anni a casa Banks, in viale dei Ciliegi 17. I coniugi Banks non ci sono più, ma nella grande casa, vedovo con tre figli, c’è ancora Michael, che ora lavora in banca. Jane invece vive da sola e fa la sindacalista, cercando come può di aiutare il fratello. Non c’è più Bert, lo spazzacamino, ma c’è Jake, uno dei tanti lampionai della Londra. L’avventura prevederà canzoni, magie, viaggi dentro a oggetti inanimati, una cugina bizzarra e una “sfida” contro la banca che, invece dei risparmi di Michael, vorrà portare via ai Banks la loro casa.

Il ritorno di Mary Poppins a casa Banks

Passo dopo passo, ci si rende conto che Il ritorno di Mary Poppins non è un vero e proprio sequel, quanto più un omaggio/remake in cui tutte le situazioni del classico “ibrido” con Julie Andrews vengono ricalcate e predisposte in modo tale da raccontare più o meno la stessa storia che ci aveva già raccontato Robert Stevenson nel 1964. Jane e Michael esercitano le stesse professioni, rispettivamente, della madre e del padre; al posto dell’eccentrico zio Albert che prende il tè sul soffitto c’è la cugina Topsy, che sul soffitto… ci cammina! C’è la banca, il numero dei lampionai che si sostituiscono agli spazzacamini; il viaggio nel vaso decorato al posto del viaggio nel disegno; la signora dei palloncini al posto di quella dei piccioni. Ogni elemento nel film di Rob Marshall richiama all’originale, senza però riuscire mai a rievocarne la magia.

Quello che di diverso ha questo secondo appuntamento a viale dei Ciliegi è l’atmosfera. Londra è in piena crisi economica, la magia che Mary aveva regalato alla prima avventura fa fatica a trovare spazio di fronte alla disgregazione della famiglia, e il realismo rischia ogni volta di avere la meglio e così, nonostante i vivaci costumi di Colleen Atwood e l’allegria delle canzoni, l’atmosfera è sempre un pizzico più cupa.

Emily Blunt è la nuova Mary Poppins

Con tutte queste premesse, era davvero difficile per Emily Blunt, “praticamente perfetta sotto ogni aspetto”, riuscire a eguagliare la Andrews, e sebbene l’idea dei produttori non era sicuramente quella di indurre al paragone, è difficile sfuggire alla tentazione di giustapporre ogni momento di questo film alle sequenze all’originale. Ragione per cui, sarebbe stato meglio, forse, allontanarsi di più dal film che conquistò 5 premi Oscar, e avventurarsi nell’inesplorato.

E, nonostante sia l’eroina del titolo, colei che dicendo sì a questo film ha abbracciato l’eredità più pesante, sembra quasi che non sia lei l’eroina della storia: i piccoli Bakns sono perfettamente in grado di badare a se stessi e l’eroe d’azione vero e proprio è il Jake di Lin-Manuel Miranda, unico tra tutti che sembra davvero a proprio agio sul palcoscenico che Marshall porta in sala.

Le uniche emozioni autentiche de Il ritorno di Mary Poppins sono quelle regalate dall’apparizione di Mary, in cielo, con i piadi “in prima”, dal ritorno a viale dei Ciliegi 17, dalla vista sotto barba e trucco, dell’occhio vispo di Dick Van Dike, che con un cameo di pochi minuti restituisce brio al finale del film. Tutte emozioni profonde e magiche che hanno soprattutto il gusto della malinconia.

Il ritorno di Mary Poppins, il trailer

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