In buone mani 2: recensione del film turco su Netflix

Il dramedy è ancora una volta firmato da Ketche e racconta, pur seguendo la stessa narrazione del predecessore, il lutto e le sfide della genitorialità.

In buone mani 2 recensione

Netflix non sbaglia un colpo. Proprio come fa la nostra Mediaset, che sta puntando su un palinsesto ricco di soap opera turche, anche la piattaforma dalla N rossa sta investendo sulle serie ottomane. Una scelta che non deve sorprendere, considerata la loro grande commercabilità e il loro finire, quasi sempre, nella Top 10 dei titoli più visti. E così di recente il colosso streaming ha arricchito il catalogo con In buone mani 2, il secondo capitolo della dramedy In buone mani, già fra i più guardati, il cui debutto è avvenuto nel 2022. Il primo film si concentrava su Melisa e il suo desiderio di affidare il figlio, Can, a qualcuno che se ne sarebbe potuto prendere cura per sempre, vista la patologia che l’avrebbe portata alla morte.

Ed era proprio la malattia uno dei pilastri tematici su cui ruotava la storia, nonché escamotage narrativo che aveva innescato la love story fra Melisa e Firat, quest’ultimo scopertosi essere padre del bambino. Proprio come il primo film, In buone mani 2 segue il classico pattern delle commedie romantiche dal retrogusto drammatico con l’irrinunciabile happy ending. Questo perché è un prodotto che mira, esattamente come gli sceneggiati televisivi, alla trasversalità. Ciò significa anche che, pur facendosi carico di diverse tematiche rilevanti, non le esplora mai a pieno, rimanendo su toni più leggeri per poter essere maggiormente accesibile.

Il target di riferimento rimane infatti invariato: un pubblico che cerca intrattenimento e non impegno, desideroso di lasciarsi coinvolgere in un racconto che farà versare qualche lacrima, per poi giungere a un epilogo rassicurante in cui tutto torna al proprio posto. Nel suo intento riesce e, a differenza di altri titoli, pur dipanandosi su una narrazione telefonata, non risulta pesante o stucchevole. In cabina di regia troviamo nuovamente Ketche, mentre le musiche, fondamentali in opere come queste per sostenere il pathos delle scene, sono di Tarkan Gözübüyük e Ozan Tügen.

In buone mani 2 Netflix

La trama di In buone mani 2

Dopo la morte di Melisa, Can e Firat si trovano a costruire il loro nuovo rapporto padre-figlio. Ora non basta più conoscersi: adesso devono vivere insieme ogni giorno sotto lo stesso tetto. Da qui derivano nuove responsabilità, a cui entrambi devono abituarsi: per Firat è fondamentale prendersi cura del bambino per non fargli mancare nulla, mentre il piccolo Can deve adattarsi alle nuove regole della casa. Purtroppo, però, le cose non vanno per il meglio. Da quando Melisa non c’è più, Firat ha cercato conforto nell’alcol e ogni sera torna a casa ubriaco.

Per Can è molto più difficile abituarsi a questa nuova quotidianità, soprattutto perché vede davanti a sé un padre malridotto e abbandonato a sé stesso. Le difficoltà per il neo genitore sono molteplici, e nonostante l’amore per suo figlio, non riesce a darsi un limite, sentendosi un fallimento su tutti i fronti. A sconvolgere la loro routine sarà Sezen, anche lei con un passato difficile, che riuscirà a portare un po’ di luce dove prima regnava l’oscurità.

 

Un dramedy senza impegno

In buone mani 2 con non troppa sorpresa funziona, nonostante la formula originale non sia stata alterata. L’intreccio narrativo resta sostanzialmente identico al precedente, con l’unico cambiamento rappresentato dal nuovo interesse amoroso, ossia Sezen. Anche i colpi di scena, i punti di svolta e il climax finale sono simili, suggerendo che l’obiettivo non era creare una trama più complessa per intrigare gli spettatori, ma piuttosto soddisfare alcune loro curiosità. Il primo capitolo si era infatti concluso furbamente, lasciando il pubblico con diverse domande in sospeso che esigevano una risposta. Le più importanti: come affronta Can la perdita della madre? E come si adatta Firat a questo nuovo ruolo?

Nel presentarci la nuova vita dei personaggi a cui ci siamo affezionati, Ketche introduce altri vari temi. Si passa dalla mancata comunicazione tra padri e figli, alle sfide della genitorialità, fino ad affrontare il problema dell’alcolismo e il tema del lutto. Ognuno di questi aspetti trova il proprio spazio nella sequenza degli eventi, sebbene a emergere maggiormente siano gli ultimi due, che poi sono quelli più connessi l’uno all’altro. Nonostante la sceneggiatura sia basilare e gli snodi narrativi il più delle volte prevedibili (con la presenza inevitabile dei cliché), la pellicola è in grado di suscitare comunque il giusto interesse e, pur mantenendo un tono romantico, riesce a non scadere mai nel lezioso.

Del resto, come abbiamo detto, da questo tipo di prodotti non ci si aspetta – e nemmeno si desidera – un’opera d’autore con una scrittura sofisticata e una lettura stratificata. Si cerca una leggerezza sufficiente per distrarsi e una storia che coinvolga quel tanto che basta per non annoiarsi, senza richiedere una concentrazione massima. Alcuni film hanno questo scopo, e In buone mani 2 il suo compito lo svolge tutto sommato bene.

In buone mani 2 Kaan Urgancıoğlu Melisa Asli Pamuk

Kaan Urgancıoğlu, un attore poliedrico

Sul fronte degli attori, invece, c’è un netto squilibrio. Il pubblico di Mediaset (e più in generale gli appassionati dei drammi turchi) riconoscerà i volti di Kaan Urgancıoğlu e Melisa Asli Pamuk. Entrambi sono attualmente in scena nella soap opera Endless Love, in onda su Canale 5, nei rispettivi panni di Emir e Asu. In questo contesto, sia Urgancıoğlu che Pamuk interpretano ruoli più complessi, con personaggi subdoli e perfidi, offrendo una bella prova attoriale, ma nel passaggio a un genere differente l’attrice turca sembra soffrire in termini di recitazione.

A differenza del collega, che si mostra versatile e a proprio agio anche in un ruolo meno impegnativo, Pamuk pare avere difficoltà a immedesimarsi in Sezen. Mentre Urgancıoğlu è totalmente a servizio del suo personaggio, risultando convincente, la performance di Pamuk è più scarica, risultando monoespressiva e poco trascinante, tanto da mettere in risalto anche l’assenza di feeling che c’è fra i due. Fortunatamente, Urgancıoğlu riesce a compensare questa mancanza di alchimia con la sua partner sullo schermo grazie all’interazione con Mert Ege Ak (Can). Insieme al giovane attore, riescono infatti a regalare i momenti più emozionanti della storia, colmando il vuoto emotivo lasciato dalla scarsa sintonia tra i protagonisti.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Valeria Maiolino
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Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.
in-buone-mani-2-netflixNonostante la sceneggiatura sia basilare e gli snodi narrativi il più delle volte prevedibili (con la presenza inevitabile dei cliché), la pellicola è in grado di suscitare comunque il giusto interesse e, pur mantenendo un tono romantico, riesce a non scadere mai nel lezioso. Del resto da questo tipo di prodotti si cerca una leggerezza sufficiente per distrarsi e una storia che coinvolga quel tanto che basta per non annoiarsi, senza richiedere una concentrazione massima.