Di fronte a casi di violenza, molestia o abuso c’è chi si chiede perché la vittima di turno abbia aspettato a denunciare la cosa, a far sentire la propria voce contro l’ingiustizia subita. Si crede, erroneamente, che esporsi non comporti altro che l’ottenimento della propria rivalsa e che anzi più si aspetta a parlare più si perda il diritto a proporre la propria versione, quasi come si passasse a propria volta dalla parte del torto. Ma la scelta di rimanere in silenzio, compiuta non senza sofferenze, meriterebbe approfondimenti maggiori, proprio come il regista Leonardo van Dijl cerca di fare con il suo Julie Keeps Quiet.
Il film, opera prima di questo regista belga, è stato presentato in concorso alla Semaine de la Critique, nel contesto del Festival di Cannes. È questa la sezione parallela e autonoma che si occupa specificatamente di opere prime e seconde, con l’intento dunque di scoprire nuovi registi, linguaggi e sguardi sul mondo. È così che Julie Keeps Quiet trova un importante spazio per farsi conoscere e van Dijl ha dunque l’occasione di mettersi alla prova su un tema molto importante affrontato però da un punto di vista – quello di chi sceglie di rimanere in silenzio – su cui c’è ancora molto da esplorare.
La trama di Julie Keeps Quiet: le ragioni del silenzio
Protagonista del film è Julie (Tessa Van den Broeck), giocatrice di punta di un’accademia di tennis d’élite. La sua vita ruota intorno a questo sport, che ama e a cui dà assoluta priorità sopra ogni altra cosa. Quando però il suo allenatore finisce sotto inchiesta in seguito al suicidio di un’altra sua allieva e viene improvvisamente sospeso, tutti i membri del club vengono incoraggiati a parlare dell’acaduto, facendo emergere alcune sconvolgenti verità. Julie, però, che più di tutti sembra avere qualcosa da dire, decide di tacere e affrontare a suo modo la cosa.
Dall’ombra alla luce
Perché dinanzi a determinate situazioni si sceglie di rimanere in silenzio? È quello che si chiede van Dijl, che inizia così a concepire la personalità di Julie, nel tentativo di capire cosa possa spingere una persona a voler tacere anche su quelle dinamiche che le coinvolgono direttamente. Per il regista diventa però prima di tutto importante non giudicare chi sceglie la via del silenzio ed è così che sceglie di mantenersi ad una certa distanza dai suoi protagonisti, evitando il primo piano in favore di inquadrature totali o piani medi, cercando così di restituire uno sguardo più obiettivo su di loro.
Si catturano infatti così non tanto le emozioni interne dei personaggi quanto la loro gestualità e il rapporto con il contesto. Il loro stato d’animo van Dijl ce lo comunica però attraverso scelte di fotografia molto nette, che se da un lato potrebbero far assumere al film un aspetto respingente, dall’altro è proprio a partire da questo disagio che bisognerebbe sviluppare determinate riflessioni. In Julie Keeps Quiet, infatti, il più delle volte il volto o la figura intera dei protagonisti – e soprattutto Julie – sono posti in ombra.
Un ombra che rende difficile cogliere le espressioni del viso e dunque le emozioni che manifesta. Un ombra che lascia presagire il disagio e i malumori interni di cui però si sceglie di non parlare. Progressivamente, questa oscurità lascia spazio ad una maggiore luce, specialmente nelle scene in cui Julie avverte maggiore confidenza in sé stessa e in quanto la circonda. van Dijl sembra così suggerire che occorre lavorare su quelle zone d’ombra, individuando ciò che in esse si nasconde e aiutare chi le vive ad uscirne sano e salvo.
Julie Keeps Quiet è un’ottima opera prima
Julie Keeps Quiet si dimostra dunque un’opera prima che affronta in modo originale una storia apparentemente già vista, con un regista che sceglie di non strafare quanto concentrarsi su una dimensione più piccola ma molto comunicativa. van Dijl dimostra interessanti idee di regia e una conoscenza del mezzo cinematografico per cui il suo nome merita di essere tenuto d’occhio. Con delicatezza e grande precisione egli ci offre il ritratto di una ragazza consapevole dei rischi dell’esporsi, che per tutto il film cerca di rifuggire da questa possibilità. Nel cercare di capirla, van Dijl riesce a trasmettere le sue motivazioni e a renderle convincenti.
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Julie Keeps Quiet
Sommario
Julie Keeps Quiet è un’ottima opera prima su un argomento difficile e poco esplorato. Leonardo van Dijl, il regista, si lancia alla ricerca delle motivazioni del silenzio, costruendo un film delicato e non giudicante ma capace di esaltare lo stato d’animo dei protagonisti attraverso alcune suggestive scelte di messa in scena. Il risultato è un’opera forte che, rifuggendo da particolari ambizioni, riesce a comunicare quanto deve.