Kurdbûn – Essere Curdo, recensione del documentario di Fariborz Kamkari

Il cinema che esiste per un popolo che resiste è quello di Kurdbûn – Essere Curdo: cinema di testimonianza, "allegria nella preoccupazione più totale", femminismo e verità storica.

Dopo essere stato presentato a Sguardi Altrove Film Festival di Milano il 13 maggio, è ora disponibile in alcune sale italiane selezionate Kurdbûn – Essere Curdo per la regia di Fariborz Kamkari (Pizza e Datteri, I Fiori di Kirkuk) e distribuito da Officine UBU.

La memoria dell’assedio di Cizre

Il documentario ripercorre i settantantanove lunghissimi giorni dell’assedio della città curda Cizre da parte dei carri armati turchi. A seguito della vittoria alle elezioni del partito democratico filocurdo HDP, riuscito così a entrare nel parlamento di Ankara, il governo turco reagì con questa azione punitiva non annunciata, colpendo la città curda del sudest della Turchia, al confine con la Siria e l’Iraq e massacrando innumerevoli civili tra il 2016 e il 2017.

Kamkari racconta di aver deciso di rendere giustizia alle vittime di una tale repressione inumana tramite questo documentario, che si pone anche come ponte culturale di una memoria che non è mai passata, ma continua a sopraffare incessantemente, e che il regista, come cittadino curdo, ha conosciuto fin dalla tenera infanzia. I parallelismi tra la strage di Cizre e la sua esperienza personale a Sna (città curda in Iran) sono innegabili: trentotto anni prima, infatti, l’esercito iraniano attaccò la città indifesa, bombardandola per più di trenta giorni solo perché gli abitanti avevano deciso di non accettare il regime di Khomeini.

Vedere la resistenza di un popolo che accetta la morte ma non si inchina – ha spiegato Kamkari – riempie il cuore di ogni spettatore di dolore e nello stesso tempo di orgoglio. Il viso dei bambini, il pianto dei padri sui cadaveri dei figli adolescenti uccisi dai cecchini e i volti orgogliosi delle donne, che sono state la spina dorsale della resistenza di Cizre, pronte a morire, ma non ad accettare l’ingiustizia. Questa è l’esperienza mia e di ogni curdo delle quattro zone del Kurdistan. Allora ho deciso di partire dal documento per denunciare un incredibile crimine contro l’umanità e per ricostruire un pezzo della memoria collettiva di un popolo ancora oggi diviso e perseguitato”.

Kurdbûn – Essere Curdo: il documentario di un popolo che resiste

“Quando l’ingiustizia diventa legge la resistenza diventa un dovere”: il documentario di Kamkarin rimarca coraggiosamente le parole di Bertold Brecht, sottolineando l’ardore di chi non arretra nel dare testimonianza di questi orrori, di chi trasporta nell’audiovisivo le urla di donne da intercettare come unica colonna sonora del film, che è anche chi riconosce che non esistono guerre di serie A e di serie B. Come ricorda la senatrice Liliana Segre, non vi è parola peggiore al mondo che “indifferenza”, perché si tratta di un atteggiamento che nasce dalla consapevolezza, volutamente evitata e distorta.

Kamkarin decide di portare in scena il contrappunto dell’indifferenza, un grido esistenziale inscalfibile nella sua veemenza, guidato dalla voce della giornalista curda Berfin Kar e dalla videocamera del suo cameraman, rimasti bloccati nella città durante il periodo di assedio. Dal rimaneggiamento di questo diario di guerra per immagini, filtrato dagli occhi silenti ma lucidi di Kamkarin, è nato il documentario Kurdbûn – Essere Curdo, passaporto metaforico di ogni cittadino curdo, che ne rivela le ferite che nascono con ogni cittadino, crescono con ogni sua esperienza tragica e l’accompagnano per tutta la vita.

Dopo la fuga da Cizre, Berfin Kar si è rifugiata in Europa con gli hard disk contenenti le riprese di quei giorni terribili di assedio e, tramite un network di filmmaker curdi, è riuscita a contattare il regista Kamkari, a cui ha proposto di visionare il girato. “Ci sono delle piaghe che, come la lebbra, corrodono lentamente la nostra anima, in solitudine”: la latitanza della guerra, il cui senso continua a sembrare inafferrabile, incurante degli occhi di abitanti che cercano di capire il perché di una condanna a morte nella propria casa, dove la conta dei cadaveri per le strade si sostituisce ai giochi dei bambini.

Siamo di fronte a un’opera il cui ritmo è marcato dal sangue che sgorga dalle inquadrature, sangue di un popolo che vuole resistere con tutte le sue forze all’assimilazione culturale, a un governo dispotico che non ne riconosce la lingua, il valore, l’identità. Cizre, città simbolo del modello di autogestione democratica, che vive della partecipazione delle masse all’autogestione della società, diventa testimonianza filmica del cinema in cui il nervosismo diventa solidarietà, al pari di Flee, altro grandissimo documentario di questa stagione cinematografica, candidato a 3 premi Oscar. Il cinema che esiste per un popolo che resiste è quello di Kurdbûn – Essere Curdo: cinema di testimonianza, “allegria nella preoccupazione più totale”, femminismo e verità storica.