La casa – Il risveglio del male, la recensione del film di Lee Cronin

Reboot della saga iniziata nel 1981 da Sam Raimi, il film è un concentrato di elementi orrorifici che non mancano di centrare l'obiettivo di suscitare terrore.

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È il 1981 quando Sam Raimi (recentemente tornato alla regia con Doctor Strange nel Multiverso della Follia) porta cinque ragazzi in uno chalet di montagna per farli scontrare con uno spietato demone maligno. Nasce così La casa, uno dei più celebri cult del cinema horror, capace di prendere le regole del genere e farne qualcosa di nuovo. 42 anni, due sequel, un remake e una serie televisiva dopo, ci spostiamo ora dal bosco alla città con La casa – Il risveglio del male, diretto da Lee Cronin e prodotto dallo stesso Raimi. Un cambio di location che aggiorna dunque la saga, in quello che è a tutti gli effetti un quinto capitolo reboot.

 

Nuova location, sì, ma anche ulteriori altri elementi che, in linea con la politica dei reboot, hanno l’obiettivo di far sintonizzare questo nuovo film con le attuali tendenze e sensibilità, del cinema ma non solo. Inutile girarci però intorno, La casa – Il risveglio del male è concepito per spaventare e di paura riesce a suscitarne, tanta. Lo fa già a partire dal nuovo contesto: un lugubre condominio di Los Angeles. Qui, tra corridoi caratterizzati dalla semi oscurità e da ampi spazi aperti e abbandonati, vive Ellie (Alyssa Sutherland), tatuatrice e madre di tre figli, che riceve la visita di sua sorella Beth (Lily Sullivan), tecnica del suono per una rock band e da poco scopertasi incinta.

Una famiglia senza padri, dunque, che può contare solo sulla forza della propria unione. Il ricongiungimento delle due sorelle è però compromesso dal ritrovamento di un antico libro, ricco di inquietanti illustrazioni realizzate col sangue. Un ritrovamento che, di suo, aggiunge ulteriore tensione al racconto. Basta poi l’ascolto di alcune registrazioni di quanto in esso scritto per scatenare un demone in carne e ossa sulla famiglia. Ed è qui che subentra l’orrore definitivo: impossessatosi di Ellie, il demone costringerà i restanti protagonisti ad una crudele, violenta e primordiale battaglia per la sopravvivenza.

La casa – Il risveglio del male è pura follia orrorifica

Se il remake del 2013 ha sconvolto gli spettatori per l’elevato livello di atrocità e sangue, La casa – Il risveglio del male è pronto a scioccare ancor di più quanti avranno il coraggio di affrontare la sua visione. Nel corso dei suoi 97 minuti di durata, il film offre infatti un continuo alternarsi tra semplice stato di allerta a momenti di puro orrore. Non ci sono pause, non c’è possibilità di tirare sospiri di sollievo. Proprio come quando si va sulle montagne russe, che finché non se ne scende si vive un continuo senso di terrore (ma anche eccitazione, per i più coraggiosi), così La casa – Il risveglio del male da quando inizia e fino ai suoi titoli di coda costringe a confrontarsi con scioccanti mutilazioni, elementi splatter, jumpscare, sangue a non finire e molto altro ancora.

Quanto visto nel trailer, già di suo particolarmente impressionante, è solo parte di ciò che il film ha da offrire. Il che farà certamente piacere agli appassionati del genere dallo stomaco forte, che davanti a sequenze come quella in cui viene adoperata una grattugia o ancora quelle che prevedono lo smembramento dei corpi, ritroveranno soluzioni visive e idee di messa in scena realizzate con un certo gusto. Senza dimenticare la mamma demoniaca interpretata dalla Sutherland: una presenza memorabile, spaventosa già solo per il trucco che la caratterizza. Elementi, questi, che fanno di La casa – Il risveglio del male un horror decisamente convincente che, anche riprendendo inquadrature tipiche dell’estetica di Raimi o fornendo omaggi ai classici horror, centra in pieno l’obiettivo di fare paura. Forse facendone anche troppa.

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Quella certa paura di una scrittura più ambiziosa

Tanto orrore, dunque, che è indubbiamente ciò che un film come La casa – Il risveglio del male deve offrire ai propri spettatori, ma carente è stata l’attenzione riposta nella sua scrittura. Certo, abbiamo un cambio di location che “svecchia” la saga (in modo molto simile a quanto avvenuto con Scream VI), due madri emancipate e attuali riflessioni legate al tema della maternità e della famiglia non tradizionale. Eppure, Cronin (anche sceneggiatore del film oltre che suo regista) sembra non aver avuto il coraggio di usare tali elementi in modo più ambizioso. La paura generata ad esempio dagli spazi in cui si muovono i protagonisti è merito più di una regia attenta a valorizzare tali ambienti, che non di una scrittura che invece si limita ad utilizzarli nel modo più canonico.

Naturalmente l’aspetto visivo in un horror ha la precedenza e come già riportato La casa – Il risveglio del male in questo eccelle. Ma il mancato sostegno di una sceneggiatura meno prevedibile, meno canonica, si fa sentire in più momenti. Viene così a mancare, ad esempio, un maggior approfondimento dei personaggi protagonisti, che avrebbe invece potuto conferire ulteriore valore tanto alla loro presenza nel film quanto al film stesso. Conseguenza più evidente di questa carenza è però la mancanza di un senso di imprevedibilità, attraverso il quale si sarebbe potuto iniettare nello spettatore un terrore capace di continuare anche oltre l’uscita dalla sala. La casa – Il risveglio del male regala invece un shock temporaneo, ma considerando il livello di questo shock probabilmente va bene anche così.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
la-casa-il-risveglio-del-male-lee-croninLa casa - Il risveglio del male, reboot della saga ideata da Sam Raimi, offre diversi nuovi elementi che permettono alla storia di prendere nuove direzioni. La scrittura di questo lungometraggio si limita però al minimo indispensabile, senza offrire qualcosa di davvero innovativo. Fortunatamente è l'aspetto visivo e la paura che riesce a suscitare ad avere tutte le attenzioni e sotto tale punto di vista il film eccelle.