Lady Bird

Christine (Lady Bird) McPherson è una studentessa di una scuola cattolica di Sacramento che “vuole essere dov’è la cultura”. Confinata nella cittadina californiana, la ragazza conduce una vita normale, in conflitto costante con una madre “affettuosa e inquietante”, circondata da un posto che non sente suo. Si tratta della rappresentazione canonica del protagonista del teen movie indie americano.

 

Eppure, dietro all’esordio alla regia di Greta Gerwig, che a piccoli passi si è fatto spazio trai grandi titoli della stagione, tanto da concorrere da protagonista durante la Notte degli Oscar 2018, si nasconde un’originalità inaspettata, insolita per un tipo di prodotto così facilmente catalogabile nel genere.

Lady Bird si pone in continuità perfetta con il precedente lavoro di co-sceneggiatrice della Gerwig (Frances Ha e Mistress American) e si incastra nella terra di mezzo tra una autobiografia appena accennata e un racconto di formazione. Tuttavia, la sceneggiatrice e ora regista sceglie di uscire dai canoni del teen movie, creando una protagonista autodeterminata e autentica. All’inizio del film è lei stessa che tiene a spiegare che Lady Bird è un nome che lei stessa ha scelto per sé. La nostra eroina sa esattamente cosa vuole e ostenta una diversità forzata, strumento per staccarsi dal contesto in cui vive, un contesto “viziato” principalmente dalla presenza della madre.

Lady BirdLady Bird, a metà tra autobiografia e racconto di formazione

Il film riesce nel piccolo miracolo di raccontare senza sciocchi preamboli o siparietti melensi un autentico rapporto madre/figlia in cui chiunque sia sopravvissuto all’adolescenza si può rispecchiare. La furia, l’amore viscerale mai esternato, la contrarietà: ogni elemento del rapporto di Christine con sua madre è spiazzante e allo stesso tempo delicato. Una dinamica attraverso la quale la Gerwig sembra voler rassicurare ogni spettatrice e spettatore che “ci siamo passati tutti”. Questo rapporto diventa cuore del racconto: Lady Bird ama e odia la sua città, così come ama e odia sua madre, scapperà presto da entrambe, per cercare di raggiungere la sua indipendenza più che di realizzare un sogno, soltanto per se stessa. Eppure, appena messo piede nella New York delle opportunità, della cultura, si ricongiunge con quella vita da cui voleva scappare, perché questo tipo di amore è così grande e feroce che si può dire solo da una distanza di sicurezza.

Greta Gerwig sembra aver superato brillantemente la sua adolescenza creativa, scrive e dirige un film che nell’onestà e nella semplicità trova le sue armi vincenti e si avvale di una Saoirse Ronan che conferma il suo talento giovane ma maturo, sostenuta da Laurie Metcalf, la madre, e da un bel gruppo di comprimari. Si conferma, trai giovani interpreti, Lucas Hedges che dopo Manchester By The Sea offre un’altra autentica e commovente interpretazione.

Lady Bird è onesto e semplice, un esempio di scrittura pulita e di personaggi vividi, sembra quasi una lettera d’amore di Greta Gerwig alla se stessa cresciuta a Sacramento, che ha trovato la strada e ora è pronta per raccontare da sola le sue storie.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
lady-bird-recensioneLady Bird è onesto e semplice, un esempio di scrittura pulita e di personaggi vividi, sembra quasi una lettera d’amore di Greta Gerwig alla se stessa cresciuta a Sacramento, che ha trovato la strada e ora è pronta per raccontare da sola le sue storie.