L’arma dell’inganno – Operation Mincemeat, recensione del film con Colin Firth

Il film in sala dal 12 maggio offre un parterre di attori davvero invidiabile, guidati dal sempre brillante Colin Firth.

L’arma dell’inganno – Operation Mincemeat

L’arma dell’inganno – Operation Mincemeat è il nuovo film di John Madden (Shakespeare in love, Il mandolino del capitano Corelli, Marigold Hotel, Miss Sloane), basato su un evento realmente accaduto sul finire della Seconda Guerra Mondiale organizzato dal dipartimento di controspionaggio per la sicurezza del Regno Unito (MI5), che era dedicato nello specifico alla protezione navale.

 

I fatti erano già comparsi in un altro film del 1956 dal titolo L’uomo che non è mai esistito di Ronald Neame, uscito un paio di anni dopo che lo stesso protagonista ne aveva scritto un libro.

L’arma dell’inganno – Operation Mincemeat, la trama

A capo dell’operazione c’era infatti l’ex giudice Ewen Montagu – interpretato dalla svettante eleganza di Colin Firth – a cui si affiancò Charles Cholmondeley (Matthew Macfadyen). Insieme costruirono e inscenarono «l’inganno più spettacolare nella storia dello spionaggio», come venne definito, traendo spunto da un documento redatto dall’ammiraglio John Godfrey (Jason Isaacs) e dal tenente Ian Fleming (Johnny Flynn), proprio lui: il creatore di James Bond, l’agente segreto per antonomasia.

L’arma dell’inganno – Operation Mincemeat è tra le pellicole la cui uscita al cinema è stata posticipata a causa della pandemia. Ciò significa che faccia rabbrividire una volta di più riflettere su immagini e dialoghi che, con ottime probabilità, staranno svolgendosi anche oggi, non molto lontano da noi. L’amara coincidenza, conferma quanto la mediazione dell’arte abbia sempre una forza e una delicatezza tutte proprie nel riuscire a far fermare e ascoltare. O quanto almeno tenti di farlo.

Tratto da una storia vera

Ad ogni modo, la peculiarità dell’angolazione dalla quale il regista ha voluto narrare questo racconto, è un parallelo tra due tipi di guerra: quella sul campo di battaglia e quella che si combatte nell’ombra, ad opera di chi la Storia la scrive davvero, in tutti i sensi.

Ewen Montagu e Charles Cholmondeley portano avanti un’idea teoricamente geniale, ma dalle eventualità catastrofiche e dal cui esito dipende la vita di centinaia di migliaia di persone. Con il nullaosta di Winston Churchill (Simon Russell Beale) e la perplessità di molti, tra cui i loro stessi originari ideatori, sviluppano il cosiddetto “haversack ruse” (letteralmente: “stratagemma della bisaccia”), una tattica di depistaggio che prevede il ritrovamento da parte dello schieramento nemico di una serie di documenti all’interno di una sacca, appunto, con informazioni false che lo conducano lì dove l’esercito britannico vuole che vada. Naturalmente il ritrovamento deve sembrare totalmente casuale, proprio per far credere che la documentazione sia vera e preziosa. Perciò non dovrà capirsi in alcun modo che sia stato tutto messo lì apposta.

Neanche nella migliore fantasia nella testa del migliore degli scrittori sarebbe potuto sorgere un tale labirinto d’incastri. O forse sì.

L’arma dell’inganno – Operation Mincemeat diventa dunque una storia nella Storia, dove la creatività diviene il mezzo per la difesa di un numero altissimo di persone. E chi viene scelto come corriere per il trasporto delle finte informazioni che dovranno leggere i nazisti? Un cadavere.

A completare l’incredibile messinscena si uniscono anche la fedele e acuta governante di Montagu, Hester Leggett (Penelope Wilton) e l’assistente Jean Leslie (Kelly Macdonald). Così, con un ottimo ritmo narrativo, e la nascita di un breve e struggente triangolo amoroso, si combinano più piani di senso in cui l’uno condiziona l’altro. E, nel tessere le trame degli eventi, viene mostrato come le scelte più piccole, personali e personalizzate dalla propria passione, siano in grado d’influenzare, creare e cambiare. Anche e soprattutto con l’audacia del proprio istinto.

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RASSEGNA PANORAMICA
Samanta De Santis
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larma-dellinganno-operation-mincemeatCon un ottimo ritmo narrativo, e la nascita di un breve e struggente triangolo amoroso, si combinano più piani di senso in cui l’uno condiziona l’altro. E, nel tessere le trame degli eventi, viene mostrato come le scelte più piccole, personali e personalizzate dalla propria passione, siano in grado d’influenzare, creare e cambiare. Anche e soprattutto con l’audacia del proprio istinto.