Las hijas de Abril: recensione del film di Michel Franco

Las hijas de Abril

Il regista messicano Michel Franco deve avere qualche problema recondito – probabilmente non risolto – con la madre. Prima che lo stesso autore ci quereli per diffamazione, diciamo subito che stiamo scherzando, però è il primo pensiero che ci è venuto guardando Las hijas de Abril – tradotto La figlia di Avril. Presentato al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, il film difficilmente vedrà la sala nel nostro Paese, ci sentiamo dunque autorizzati a spiegarvi a grandi linee la trama principale. Inutile dire che fra poco arriverà una montagna di spoiler, quindi ATTENZIONE. Avril vive a Città del Messico e ha due figlie, che risiedono invece in una cittadina vicina, in riva al mare. La più grande ha problemi a relazionarsi con il mondo circostante, è sovrappeso e non fa altro che lavorare e vagare per casa come un’ameba; la seconda, appena diciassettenne, ha invece un ragazzo coetaneo con cui adora fare l’amore ogni giorno, non a caso è in dolce attesa. Alla nascita della piccola Karen, i due giovanissimi genitori si dimostrano immaturi e impreparati al ruolo, motivo per cui arriva in soccorso la neo nonna Avril.

 

Las hijas de AbrilLa donna invece di aiutare i giovani genitori, considera la situazione irrecuperabile e firma senza l’autorizzazione della figlia (che del resto è ancora minorenne) le carte per l’adozione della bimba, ed è qui che inizia la parte più drammatica e insieme divertente del film. L’adozione è una sorta di truffa, è la stessa Avril che porta in casa sua l’ignara bambina, ma non contenta adesca anche il compagno 17enne della figlia e lo seduce – a suon di vestitini sexy in lattice e tacchi a spillo. Insomma una sceneggiatura che è un totale caos, con pochissima musica e con un ritmo lento ma costante, che il regista messicano prova a dirigere con piglio d’autore. Grazie ai diversi colpi di teatro che vi abbiamo in parte raccontato il film riesce sicuramente a sconvolgere lo spettatore, non decolla invece l’empatia verso alcun personaggio – salvo per la piccolissima Karen, che piange tutto il tempo in balia della follia.

Adesso possiamo ricollegarci alla frase d’apertura, che Michel Franco abbia dei problemi irrisolti con la madre? Non lo sappiamo, di certo in Messico le cose non devono andare proprio nel migliore dei modi: i genitori sono sempre più inclini ad avere un rapporto conflittuale con i figli, i figli a loro volta sono poco seguiti e le ragazze madri sono milioni, a causa della scarsa informazione. Quel che resta è un esercito di adulti menefreghisti e aridi, di giovanissimi ancora immaturi e allo sbando, di neonati che non hanno alcuna colpa, venuti al mondo quasi per caso. Al di là dei temi, bisogna sottolineare l’ottima prova di Emma Suárez (già protagonista di Julieta di Pedro Almodovar) nei panni di Avril, che si lascia odiare al punto giusto. Il resto del cast non è certo alla sua altezza, ma parliamo di giovanissimi che incarnano forse alla perfezione la “generazione perduta” che Franco tenta di raccontare; stelle cadenti in cerca di una direzione.

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