Le Mans ’66 – la grande sfida, recensione del film con Christian Bale

Dopo il successo di Logan - Wolverine, James Mangold torna a raccontare di uomini reali, non meno eroici, che hanno scritto la storia della Formula 1.

Le Mans ’66 – la grande sfida recensione

A sentire il titolo del nuovo film di James Mangold, gli appassionati di Formula 1 sanno già di cosa si andrà a parlare, tuttavia, per coloro a cui lo stesso titolo non fa risuonare nulla nella memoria, la recensione di Le Mans ’66 – la grande sfida può dare qualche possibilità di orientarsi meglio in questa pagina di storia sportiva a quattro ruote.

 

La storia che Mangold racconta è quella della Ford che, negli anni Sessanta, decide di provare a contrastare lo strapotere del cavallino rampante Ferrari nelle corse di Formula 1, affidandosi a Carrol Shelby, ex pilota che si è reinventato designer di auto da corsa, il quale a sua volta dà tutta la sua fiducia a Ken Miles, pilota collaudatore, anarchico impunito che, come da manuale, è l’uomo adatto al lavoro ma il più difficile da controllare secondo i canoni e le necessità dell’azienda.

Non solo. Le Mans ’66 racconta anche, soprattutto, la storia di un’amicizia, quella tra Carrol e Ken, due uomini che sono i migliori in quello che fanno, le cui doti sono complementari e si equilibrano alla perfezione, che insieme sono in grado di fare il lavoro al meglio, riuscendo a tenere testa ai capi dell’industria.

E ancora. Le Mans ’66 è il racconto di un uomo spaccato a metà tra le necessità della sua famiglia, che ama profondamente, e il proprio sogno selvaggio che mette a rischio proprio quella vita che vorrebbe dedicare a moglie e figlio. Ken Miles è il centro emotivo della storia, ma anche cuore rosso e pulsante è inutile senza un cervello affilato. E a questo serve Carrol.

Le Mans ’66 erede di Rush di Ron Howard

Tratto da una storia vera, il nuovo film di James Mangold si confronta con due ostacoli in partenza. Il primo è la difficoltà di ricezione che il pubblico ha verso film ambientati nel mondo delle corse e sulle piste di Formula 1. L’esempio recente migliore, e forse unico, è quel Rush di Ron Howard che poteva essere un ottimo apripista ma che è rimasto un caso isolato, dal 2013 a oggi. Il secondo ostacolo con cui si confronta Le Mans ’66 è il fatto che il suo regista è, per sua stessa ammissione, profondamente annoiato dalle gare automobilistiche. Questo aspetto lo ha spinto ad andare oltre la pista, fin dentro l’abitacolo, per raccontare l’adrenalina, l’emozione e la passione che vibra dentro chi è al volante della macchina, mettendo da parte il torpore, facilmente condivisibile, di chi le corse le guarda soltanto.

Le Mans ’66 – la grande sfida riesce con equilibrio ad evitare la noia e la maniera, rivelandosi prima di tutto una storia di amicizia. Il rapporto tra il ligio e scaltro Carrol e il fumantino e devoto Ken è il cuore del racconto, l’unico appiglio narrativo che davvero interessa al regista, che anzi, allontanandosi sempre più dall’aspetto sportivo, si addentra in quello umano, facendoci entrare nell’intimità di Ken e della sua famiglia.

La storia di una grande amicizia

Il resto del film, che pure serve a completare la struttura narrativa e a dare un contesto plausibile alla storia è tutto messo in secondo piano, dai leader delle due industrie chiamate in causa, Henry Ford II ed Enzo Ferrari, che sono delle figure bidimensionali e inserite esclusivamente perché necessarie alla trama, a tutta la serie di sottoposti e amministratori che da Ford II a Carrol Shelby formano la catena burocratica contro la quale lo stesso Shelby si è dovuto scontrare, per difendere la sua scelta di lavorare con la “scheggia impazzita” Ken Miles.

E se il titolo italiano ci invita a tendere la nostra attenzione alla gara che consacrerà la Ford e il lavoro di Shelby e Miles, quello americano, Ford vs Ferrari, è ancora più “incompleto” perché dà un’idea molto vaga di ciò che in realtà interessa raccontare a Mangold. Il quale non si tira certo indietro quando si tratta di inseguire e precedere bolidi sull’asfalto, ma lascia quasi andare la camera e dà spazio ai suoi attori quando è il momento, affidandosi completamente a Christian Bale e Matt Damon, che regalano una rara alchimia sullo schermo e restituiscono vizi, virtù e stranezze di due uomini tanto singolari quanto geniali.

Le Mans ’66 – la grande sfida è prima di tutto una profonda storia di amicizia, di fratellanza, di due uomini sconfitti che non hanno perso la dedizione e la gioia per ciò che li appassiona, nonostante i giganti contro cui hanno combattuto.

James Mangold presenta Le Mans ’66: “Solo il cinema può fotografare i pensieri”

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
le-mans-66-christian-baleLe Mans ’66 – la grande sfida è prima di tutto una profonda storia di amicizia, di fratellanza, di due uomini sconfitti che non hanno perso la dedizione e la gioia per ciò che li appassiona, nonostante i giganti contro cui hanno combattuto.