Le Retour, recensione del film di Catherine Corsini – Cannes 76

La regista francese torna sulla Croisette con questo nuovo coming-of-age, anticipato da non poche polemiche.

Le Retour (2023), Catherine Corsini

Dopo aver presentato in concorso al Festival di Cannes 2021 Parigi, tutto in una notte, Catherine Corsini torna in competizione alla Croisette con Le Retour (2023), un viaggio emotivo nel passato e nella ricerca di identità di due ragazze, Jessica e Farah che, assieme alla madre Khédidja, fanno ritorno in Corsica quindici anni dopo aver lasciato il loro paese natale. Il film si addentra nella complessità di questa esperienza di trasferimento, rivelando segreti familiari e tensioni sociali tra mondi diversi, compreso il razzismo con cui si troveranno a fare i conti.

 

La trama: ritorno in Corsica

Nella trama del film di Corsini in concorso a Cannes 76, Khédidja, tata di professione, è stata invitata in Corsica da una famiglia benestante per occuparsi dei loro figli piccoli in vacanza. Le sue due figlie la raggiungono per l’estate: sono Jessica (Suzy Bemba), 18 anni, studiosa e distante, e Farah (Esther Gohourou), 15 anni, che si sente poco apprezzata e vive nel caos. Il viaggio è movimentato: le ragazze sono nate in Corsica, ma non hanno alcun ricordo del luogo, a parte la consapevolezza che il padre è morto lì. Khédidja nasconde informazioni sul loro passato, cosa che Jessica e Farah non sopportano.

Nonostante ciò, almeno inizialmente, tutto sembra rispettare i requisiti del meraviglioso viaggio estivo per le sorelle che, tra giornate passate in spiaggia e nella piscina a casa dei proprietari, non si sono mai sentite così libere. Farah, un vero e proprio peperino, riesce a mettersi nei guai con un gruppetto di ragazzi bianchi “boss” della spiaggia, mentre Jessica inizia a provare sentimenti inediti per Gaia (Lomane de Dietrich), la figlia coetanea dei suoi datori di lavoro, un’adolescente ribelle.

Le Retour, Catherine Corsini, Cannes 2023

Dell’ultimo film della Corsini se ne è parlato già prima della sua presentazione al Festival e non per le migliori ragioni: sono state avanzate denunce per le cattive condizioni di lavoro sul set, a cui si è aggiunto il ritiro dell’investimento statale da parte del Centre national du cinéma et de l’image animée perché la casa di produzione ha dimenticato di dichiarare una scena di sesso tra minori. All’indomani della prima sulla Croisette, la Corsini ha poi spiegato che nel realizzare questo film, la cui storia ha un legame particolare con il proprio passato familiare, forse l’orgoglio le ha giocato un brutto scherzo ed è stata troppo “pretenziosa”, pensando di potersi sostituire alla figura di un coordinatore dell’intimità sul set di Le Retour.

Formarsi nella terra del passato

Corsini usa il pretesto del ritorno di una madre e le due figlie al paese natale per instaurare un dialogo col pubblico su come le differenze di classe e di etnia determinino il destino di una famiglia e pone l’attenzione sulla necessità di riconciliarsi con il presente per proiettarsi in un futuro migliore. Si immerge nelle vite di questi giovani e nelle loro ricerche in tempi di crisi, esplorando come queste circostanze possano sia distruggere che dare vita alla loro creatività. La narrazione offre uno sguardo autentico e onesto sulla vita degli adolescenti in tempi di cambiamento e di scoperta, avvalendosi di un realismo documentaristico notevole.

Le idee visive non mancano a Catherine Corsini, che sa bene come entrare nella testa di due adolescenti, tuttavia, la maggior parte delle situazioni conflittuali in cui si trovano le due ragazze, quelle che effettivamente contraddistinguono i racconti di formazione e su cui sarebbe stato ottimo investire narrativamente, sono concentrate più che altro nella seconda parte della storia e rischiano di perdere credibilità. Un ammasso di problematiche, atti di ribellione che cercano di arrivare a un climax non fanno che lasciare lo spettatore ancora più confuso sulle vere intenzioni della Corsini. Probabilmente, Le Retour funziona più come opera personale, un racconto che la regista francese ha imbastito per riconciliarsi con le sue origini e una terra con cui ha sempre avuto un rapporto turbolento per sua stessa ammissione. Come storia di formazione, coming of age che dovrebbe sfruttare la presenza di queste ragazze in una terra a loro fondamentalmente estranea ma che è parte integrante delle loro radici, risulta incompleta.

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