Martin Eden, recensione del film con Luca Marinelli #Venezia76

Martin Eden

Tratto dall’omonimo romanzo di Jack London, Martin Eden è il nuovo film di Pietro Marcello, presentato in Concorso a Venezia 76, in cui Luca Marinelli dà vita all’eroe protagonista di un pezzo di letteratura americana, la cui vicenda viene traslata in Italia, a Napoli, in un tempo non troppo bene specificato.

 

Nella Napoli dei primi anni del XX secolo, il giovane marinaio Martin Eden, proletario individualista in un’epoca squarciata dalla nascita di movimenti politici di massa, sogna di diventare uno scrittore e conquista l’amore di una giovane borghese grazie al suo bagaglio culturale da autodidatta, allontanandosi in questo modo dalle sue origini semplici.

Con un passato da documentarista puro, Marcello si approccia alla materia di fiction raccontata nel romanzo di London con un occhio decisamente personale. Il regista elimina quasi completamente i riferimenti temporali, contrae gli spazi e i tempi e dissemina nel film di finzione dei materiali d’archivio che a volte rappresentano il tempo che passa, altre volte i sogni di Martin, altre volte ancora i ricordi o le aspettative, o il futuro e il passato delle circostanze che vengono man mano proposte.

In un contesto così fluido da un punto di vista temporale, Marcello inserisce il suo punto fermo, il protagonista interpretato da Luca Marinelli, vulcanico e brillante, esuberante ed ambizioso, ma anche curioso, buono, dedito e innamorato. Il suo Martin Eden è uno studioso dall’animo di marinaio, un viaggiatore, un esploratore dell’umanità, un fervente individualista, un romantico, un uomo che conta su se stesso e che, una volta entrato in quel mondo benestante e ricco al quale agognava, ne capisce le ipocrisie e le brutture, sentendosi costantemente fuori posto.

E il regista riesce con grande eleganza e inventiva a raccontare tutte queste fasi con un ritmo estremamente incalzante, eliminando qualsiasi barriera cronologica e temporale e affidandosi a un attore del calibro di Marinelli che riesce con facilità a mettere in scena una gamma emozionale molto vasta. Peccato che nel finale, l’attore calchi un po’ troppo la mano, sfiorando la macchietta e intaccando la delicatezza e l’intensità di una performance impeccabile, fino a quel momento.

Martin Eden è un prodotto di grande interesse, specialmente per il linguaggio utilizzato, perché forza gli argini temporali del racconto cinematografico e li trasforma in sponde, sulle quali la storia rimbalza per riversarsi su se stessa, travolgendo il protagonista.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
martin-eden-luca-marinelliMartin Eden è un prodotto di grande interesse, specialmente per il linguaggio utilizzato, perché forza gli argini temporali del racconto cinematografico e li trasforma in sponde, sulle quali la storia rimbalza per riversarsi su se stessa, travolgendo il protagonista.