Life Is (Not) A Game: la recensione del docufilm con Laika la street artist romana

Antonio Valerio Spera ci porta in giro per Roma, Bosnia, Ucraina insieme a Laika la street artist romana

Life Is (Not) A Game recensione

Antonio Valerio Spera racconta la storia di Laika nel docufilm Life Is (Not) A Game al suo esordio alla regia. Nella sua scelta c’è la volontà di portare sotto i riflettori il personaggio della street artist romana – mantenendo segreta la sua identità. Life Is (Not) A Game, presentato alla Festa del Cinema di Roma, racconta attraverso il cinema e il personaggio di Laika la contemporaneità nei due anni della pandemia. Le sue opere provocatorie hanno attirato l’attenzione di tutto il mondo e pongono l’attenzione sui temi più caldi della politica nazionale ed internazionale. I lavori di Laika sono schierati politicamente e insieme alla sua identità tenuta nascosta l’hanno resa tra le street artist più rappresentative, da alcuni definita “la Bansky italiana”.

 

Life Is (Not) A Game, la trama

Due anni di storia recente raccontati attraverso gli occhi di Laika, street artist romana di cui non si conosce l’identità. Ironia, provocazione, denuncia le sue cifre stilistiche. La pandemia dilaga, il virus e le sue conseguenze sociali diventano i temi ricorrenti delle opere dell’artista. Ma quando termina il lockdown e il pianeta rimane assorbito dal terrore per il Covid19, Laika intraprende un viaggio lungo la “rotta balcanica” per restituire voce e volto al mondo degli “invisibili”.

Il racconto di Life Is (Not) A Game inizia dal quartiere Esquilino di Roma. Torniamo insieme al 2020 quando la pandemia non aveva ancora colpito l’Europa: “C’è in giro una epidemia di ignoranza, dobbiamo proteggerci”. La persona rappresentata nel primo poster è Fen Xia “Sonia”, la proprietaria di un noto ristorante cinese della Capitale. Sonia stessa racconta come appena giunta la notizia di Wuhan le persone hanno iniziato a guardarla diversamente, e il suo ristorante non ha ricevuto più clienti per paura di contrarre il covid. Inizia così la storia di Laika che con i suoi lavori ha dato del filo da torcere a non poche forze politiche. Il murales che raffigura Sonia, infatti, è stato uno dei pochi a rimanere impresso per più tempo. Come se fosse un mònito per le nostre azioni.

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Il viaggio di Laika

Zaki&Regeni il poster di Laika a due passi dall’ambasciata egiziana rimosso dopo neanche 24 ore. La street artist ha colpito ancora e come racconta la giornalista Maria Gianniti, il coraggio di Laika non è stato tanto nell’appenderlo una volta ma nel riappenderlo modificato. Infatti, il murales che raffigurava Patrick Zacki e Giulio Regeni stretti in un abbraccio non è durato neanche 24 ore. È stato rimosso e sostituito con l’aggiunta di una mano invisibile che mimava il gesto di strapparlo via. Quello di Zaki e Regen è stato l’ultimo lavoro di Laika prima dell’inizio della pandemia in Italia. Il paese inizia quindi il periodo di chiusura e la stessa Laika tra le mura di casa sua inventa nuovi lavori basandosi sui fatti politici più salienti. È il caso del poster che raffigura l’ex Primo Ministro inglese Boris Johnson. Uno dei lavori di denuncia politica chiacchierati di Laika. L’ex Primo Ministro inglese puntava all’immunità di gregge e quindi viene rappresentato come una pecora con un termometro in bocca, insieme ad altre pecore con la mascherina.

Il viaggio di Laika in Life Is (Not) A Game ci porta davvero in giro per il mondo. Con i suoi lavori riusciamo ad arrivare ovunque, a riflettere nel confinamento durante i mesi più difficili del lockdown. Il suo viaggio tra le strade di Roma, mentre la accompagniamo nei suoi blitz notturni, si sofferma sulle espressioni dei passanti, sulle voci degli invisibili e sulle parole dei politici. Anche attaccare un poster è un segno di quello che vuoi raccontare, della denuncia che vuoi mandare al resto del mondo. Così il viaggio di Laika si fa ancora più grande quando decide di partire per la Bosnia nel 2021. Il suo scopo è quello di denunciare le condizioni di vita disumane in cui vivono i migranti. Proprio in Bosnia appenderà il suo poster Life Is (Not) A Game che dà il titolo al film di Spera.

Questo non è un documentario

La rappresentazione messa in moto da Laika con le sue opere ha raggiunto i maggiori vertici delle istituzioni europee. Quello che Antonio Valerio Spera racconta in Life Is (Not) A Game nasce proprio dall’esigenza di raccontare per non dimenticare, per denunciare, per dare coraggio al mondo intero. Proprio Il Mondo, quello che ci circonda e di cui canta Jimmy Fontana, chiude il film. Siamo niente accanto al mondo che continua il suo percorso qualsiasi cosa accada e noi siamo solo una parte infinitesimale di questo percorso. E mentre Fontana canta, ancora una volta Laika si fa portatrice di un messaggio. Questa volta si reca fino al vertice massimo dell’Unione Europea per completare il suo ultimo lavoro: “FUTURO. Voi riuscite a vederlo?”. Futuro, quello che la stessa Laika non riesce a vedere. Che ha i confini sempre più netti, come muri che si alzano tra i paesi. Futuro che le classi dirigenti tentano di soffocare e si sopprimere ad ogni costo. Ed è proprio con quel FUTURO, illuminato in un led sotto il simbolo dell’Euro, che si chiude Life Is (Not) A Game.

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Lidia Maltese
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Lidia Maltese
Laureata in Scienze della Comunicazione alla Sapienza, classe 95. La mia vita è una puntata di una serie tv comedy-drama che va in onda da 27 anni. Ho lo stesso ottimismo di Tony Soprano con l'umorismo di Dexter, però ho anche dei difetti.
life-is-not-a-gameLaika ci porta in giro per il mondo con i suoi poster e lo fa denunciando le scelte politiche e sociali nazionali e internazionali. Il suo posto sono le pareti dei muri dove appende i suoi poster ma ogni muro ha una storia diversa da raccontare. Il suo modo di raccontare la realtà che ci circonda è semplice ma allo stesso tempo mirato e accattivante.