L’ultima luna di settembre: recensione del film di Amarsaikhan Baljinnyam

Si tratta del film d’esordio del regista mongolo Amarsaikhan Baljinnyam, al cinema dal 21 settembre

L’ultima luna di settembre è il film d’esordio dell’attore mongolo Amarsaikhan Baljinnyam che, oltre ad aver scritto la sceneggiatura, ha anche ricoperto il ruolo da protagonista. Durante la sua carriera, vissuta prevalentemente nel suo Paese, si era già sperimentato nella scrittura di lungometraggi con Under the turquoise sky  del 2021, ma questa volta sceglie di spostarsi dietro la macchina da presa per il profondo legame con la sua terra e il bisogno di raccontarlo. La storia è tratta da un romanzo breve scritto da T. Bum-Erden intitolato Tuntuulei, che è il nome dell’altro giovane protagonista, interpretato dal piccolo e talentuoso Tenuun-Erdene Garamkhand. Il regista è venuto a conoscenza del libro quasi dieci anni fa mentre collaborava con lo scrittore ad alcune produzioni. Interrogandosi su come mettere in scena certe tematiche, si è trovato il romanzo tra le mani ed è stato amore a prima lettura.

Amarsaikhan Baljinnyam, noto anche per la sua interpretazione del personaggio Ariq Boke nella serie Netflix Marco Polo del 2014, decide così di rielaborare il testo di Tuntuulei e trasformarlo ne L’ultima luna di settembre con lo scopo di mostrare la Mongolia al mondo occidentale o, meglio, raccontare l’incursione dell’uno attraverso l’altra.

L’ultima luna di settembre, la trama

Tulga (Amarsaikhan Baljinnyam) è quasi un uomo di mezza età che vive in città e lavora come capo chef in un hotel a cinque stelle. Viene contattato da un conoscente del padre che lo avvisa essere in fin di vita e di affrettarsi a raggiungerlo.

Si spalanca così uno scenario che non abbandonerà la macchina da presa nemmeno per un momento. Un mondo fatto di praterie sconfinate, poche capanne, pascoli a perdita d’occhio, mandrie. Un luogo fuori dal tempo, con suoni e ritmi impensabili, dove il cellulare non prende se non sopra una montagna, e comunque tenendolo su un’asta stando in bilico sulla sella di un cavallo.

È geniale l’uso di brevi e asciutti elementi che narrano l’invadenza della produttività e della modernità, perché è evidente che siano mostrate da un autore che ha vissuto in prima persona la dilatazione di quegli spazi la durata delle giornate, ad oggi inconcepibile.

L’uomo è ospitato dalla natura

Ne L’ultima luna di settembre è descritto un mondo rurale del quale l’uomo è ospite che, pur non essendo né selvaggio né inospitale, lo fa adeguare a una vita fatta di agricoltura e allevamento e, più di tutto, ogni azione non è finalizzata all’accumulo, bensì alla semplice sussistenza.

Ciò in cui riesce impeccabilmente il regista, considerando l’aspetto contenutistico del film, è far calare perfettamente lo spettatore nella logica di quel tipo di vita che è, di fatto, più simile alle inclinazioni esistenziali, mostrando parallelamente e con chiarezza il disorientamento di un uomo che ha imparato a preferire la città.

Lontano dalla retorica industrializzata pentita

Tulga viene a salutare il padre e s’impegna per qualche settimana a falciare un prato per mettere da parte del fieno destinato al bestiame. In quei giorni farà la conoscenza del piccolo pastore Tuntuulei e dei suoi nonni e tante cose si scioglieranno nel suo cuore. L’ultima luna di settembre è lontanissimo dalle retoriche di uno sguardo industrializzato pentito sulla natura selvaggia, non ha nulla di rievocazioni hippie on the road. È una battuta d’arresto di fronte al silenzio tombale di un paesaggio sterminato rotto solo dal ronzio di qualche insetto, ma è soprattutto l’angoscia dell’uomo moderno disperso e infantilizzato che fugge con immaturità da qualunque cosa lo faccia stare davanti a se stesso, soprattutto la semplicità di un ragazzino che ha ben presente ciò che conti nella vita: costruire relazioni autentiche.

Per alcuni aspetti è straziante il film di Amarsaikhan Baljinnyam, ma riesce a consegnare risposte molto lineari allo spettatore, palesando l’impronta di un autore che sa intimamente ciò che sta facendo vedere attraverso le immagini che sceglie.

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