Macbeth: recensione dello spettacolo con Kenneth Branagh

La stagione della Nexo Digital, che porta nelle sale l’eccellenza delle produzioni teatrali britanniche, prosegue al meglio grazie all’attesissimo allestimento del Macbeth andato in scena in estate durante il Manchester International Festival e co-diretto da Rob Ashford e Kenneth Branagh. L’attore tornato in scena per l’occasione nelle vesti di  assoluto protagonista, dopo più di dieci anni di lontananza dalle opere del Bardo.

 

A dispetto della preferenza verso adattamenti dall’ambientazione alternativa dimostrata nella rosa di titoli Shakespeariani da lui diretti e interpretati per il grande schermo, per il suo ritorno sul palcoscenico Branagh sceglie di attenersi a un fedele immaginario medievale trasportato per l’occasione entro la cornice di una chiesa sconsacrata, magnetica e suggestiva nel sottolineare la netta linea di separazione fra bene e male e infondere nel dramma brivido e inquietudine: in una navata ricolma di fango e sotto la pioggia battente, i Signori di Scozia combattono e si sfidano, scagliandosi contro le gradinate di un pubblico colto da emozioni antiche di imprevedibilità e sorpresa, spesso tristemente smarrite nell’eccessiva distanza fra i spettatori e la scena.

Le sfumature dell’interpretazione di Branagh colmano da sole qualsiasi incertezza: favorito dall’aver abbracciato il ruolo nella maturità, Branagh regala una prova magistrale che lascia intravedere tutta la determinazione del guerriero, pronto a combattere con coraggio e a cedere alle lusinghe del potere con altrettanta ferocia, ma anche la nobiltà ultima nello sguardo tremante e negli occhi lucidi un uomo vessato dal peso delle sue colpe, consapevole di aver firmato con le sue mani insanguinate una condanna all’oscurità.

Al riparo nell’abside e illuminata da decine e decine di candele destinate a spegnersi sotto il peso dell’ambizione e della sete di potere, la Lady Macbeth di Alex Kingston fa subito il suo ingresso attendendo con la pazienza che arrivi il momento di agire: la forte chimica fra lei e Branagh benedice una delle unioni meglio riuscite dell’intera produzione Shakespeariana con un’attrazione elettrica e palpabile, ma se qualcuno potrà rimanere spiazzato da una Lady poco glaciale pronta a tremare e a vacillare tanto quanto il marito, l’interpretazione nervosa e caricata della Kingston asseconda al meglio il bisogno di sottolineare con maggiore l’enfasi l’umanità dei personaggi dell’opera, colti dall’ebbrezza delle opportunità offerte dal destino e poi lasciati soli ad autodistruggersi.

L’emozione che avrebbe potuto regalare la visione dal vivo di un gioiello come Macbeth non è in discussione, ma quando l’alleanza fra teatro e cinema si traduce nell’opportunità di assaporare uno spettacolo di tali dimensioni, non possiamo che uscire dalla sala estasiati e augurarci che una simile esperienza possa ripetersi il più presto possibile.

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Alessia Carmicino
Nata a Palermo nel 1986 , a 13 anni scrive la sua prima recensione per il cineforum di classe su "tempi moderni": da quel giorno è sempre stata affetta da cinefilia inguaribile . Divora soprattutto film in costume e period drama ma può amare incondizionatamente una pellicola qualunque sia il genere . Studentessa di giurisprudenza , sogna una tesi su “ il verdetto “ di Sidney Lumet e si divide quotidianamente fra il mondo giuridico e quello cinematografico , al quale dedica pensieri e parole nel suo blog personale (http://firstimpressions86.blogspot.com/); dopo alcune collaborazioni e una pubblicazione su “ciak” con una recensione sul mitico “inception” , inizia la sua collaborazione con Cinefilos e guarda con fiducia a un futuro tutto da scrivere .