Dopo il 2017, Andrea Pallaoro torna in Concorso a Venezia 79 con Monica, un racconto molto intimo di una donna trans che fa i conti con la sua vita passata.
La protagonista torna a casa per la prima volta dopo una lunga assenza. Ritrovando sua madre e il resto della sua famiglia, da cui si era allontanata da adolescente, intraprende un percorso nel suo dolore e nelle sue paure, nei suoi bisogni e nei suoi desideri fino a scoprire dentro di sé la forza per guarire le ferite del proprio passato. Il ritratto intimo di una donna che esplora i temi universali dell’abbandono e dell’accettazione, del riscatto e del perdono.
Già con Hannah, Andrea Pallaoro aveva raccontato la storia di una donna che provava a scendere a patti con una nuova realtà, in questa nuova intima storia, il regista segue la protagonista, interpretata da una splendida Trace Lysette, mentre cerca di riconnettersi con quello che è stata in una vita precedente. Letteralmente. Dopo tanti anni lontana da casa, la donna torna indietro per assistere la madre malata e qui si scontra con ciò che era, una creatura a disagio nel suo corpo.
Monica, la riappropriazione del passato
Il racconto della transessualità in Monica è originale e delicato, preso da un punto di vista insolito. Al regista non interessa tanto il processo di transizione del corpo della protagonista, quanto la trasformazione della percezione di sé nello specchio degli altri, e non altri qualsiasi, ma la sua famiglia dei sangue: suo fratello e sua madre.
Il percorso di Monica è doloroso, è sofferto, ma è anche molto consapevole. Forte della sua identità conquistata con fatica, la donna si espone al giudizio e al rifiuto, trovando dall’altra parte invece curiosità e, dopo, accoglienza.
Pallaoro accompagna questo processo con discrezione, osservando da vicinissimo la sua protagonista, senza invaderne mai gli spazi ma rimanendole sempre accanto, come un amico o un confidente, qualcuno che è dalla sua parte, sempre. L’occhio della macchina da presa vuole bene a Monica e la accarezza e la incoraggia ogni volta che può.
Misurata e naturale l’interpretazione di Lysette, che ha incantato il Lido e che, al momento, sembra la favorita per la Coppa Volpi, premio che, nel caso, sarebbe epocale nella storia della Mostra. Che dopotutto quest’anno è più Queer che mai, con le sue storie e i suoi film. Ed era anche ora.
Al di là di questo aspetto preciso, però, Monica è anche una storia di ritorno e di accoglienza, di identità rispetto a ciò che gli altri vedono e sentono rispetto al nostro io. Un viaggio nella percezione di sé attraverso gli occhi di chi dovrebbe amarci incondizionatamente.