Ispirato dal romanzo di Colson Whitehead vincitore del Premio Pulitzer, Nickel Boys segna l’esordio alla regia del documentarista e regista televisivo RaMell Ross. La vicenda racconta dell’amicizia tra due giovani afromericani che si ritrovano costretti a frequentare un istituto nella Florida per ragazzi di colore “problematici’. Il sistema di vessazione e di continuo abuso a cui gli studenti sono stati costretti segna la loro esistenza in maniera indelebile, compresa quella del protagonista Elwood, testimone attraverso gli occhi del quale seguiamo la vicenda decenni dopo gli orrori di cui è stato vittima insieme ai suoi compagni.
L’identità negata in Nickel Boys
L’operazione di trasposizione cinematografica messa in piedi da RaMell Ross possiede un fascino indubbio, sia a livello concettuale che estetico. Dal momento che quella di Nickel Boys è fondamentalmente una storia di identità negata – sia essa intesa come identità sociale, razziale o più semplicemente individuale – il regista sceglie infatti di (ri)affermare tale concetto attraverso il mezzo-cinema stesso. Il film è infatti interamente o quasi realizzato come una serie di inquadrature soggettive, in cui lo sguardo della macchina da presa è sempre quello di un personaggio o dell’altro, che mai vediamo quando parla. C’è sempre l’interlocutore, mai il soggetto, l’io principale.
Oppure, in maniera forse ancor più emblematica, la macchina da presa stessa in alcuni casi si nasconde dietro le spalle dei protagonisti, a voler costantemente ribadire che qualcosa è stato loro strappato. L’identità appunto. Un’idea di cinema fortissima e all’inizio assolutamente affascinante, la quale però col passare delle scene diventa sempre più difficile da seguire a livello emozionale, in quanto non evita che la forma soffochi in qualche modo il contenuto.
Nickel Boys in
particolar modo nella parte centrale perde di intensità emotiva,
costringendo lo spettatore a una serie di inquadrature che
diventano stancanti. Bisogna tornare a ripetere che la coerenza
interna del film è un qualcosa di oggettivamente coraggioso
nell’intento, ma quanto alla realizzazione costringe il pubblico
alle prese con un tour de force estetico che non si abbina
con un impianto narrativo in grado di sostenerlo. Perché forse il
maggior difetto del lungometraggio di RaMell Ross
non sta tanto nell’audace idea di regia quanto piuttosto in una
sceneggiatura che non la sostiene come avrebbe meritato. I continui
salti temporali tra passato e presente non fanno che ingarbugliare
una vicenda al contrario lineare, una storia di amicizia e
solidarietà nel dolore che si trasforma nei decenni in una ferita
mai rimarginata. Siamo piuttosto convinti che se lo sviluppo
narrativo fosse stato raccontato in maniera lineare, l’effetto
generale sarebbe stato molto piú efficace, soprattutto sotto il
punto di vista squisitamente emotivo.
Una buona direzione degli attori
Come direttore di attori RaMell Ross, pur al suo primo lungometraggio da regista, si dimostra raffinato plasmatore di figure in chiaroscuro. I suoi due giovani protagonisti Ethan Herisse e Brandon Wilson sono vibranti, sinceri nei rispettivi ruoli. Accanto a loro un cast di supporto efficace contribuisce a creare una serie di figure e psicologie ottimamente definite. Su tutti merita come sempre menzione speciale Aunjanue Ellis-Taylor, attrice di livello superiore che riesce a rendere prezioso davvero qualsiasi ruolo interpreti. Quando c’è lei in scena e guarda in camera alla ricerca di un briciolo di speranza per suo figlio, ecco che Nickel Boys diventa un dramma capace di arrivare dritto al cuore. Che quest’anno la Ellis-Taylor non sia stata quasi mai considerata nella corsa ai premi come miglior attrice non protagonista è un qualcosa che francamente non riusciamo a comprendere.
Questo di RaMell Ross è un esordio che merita di essere sostenuto probabilmente per le sue intenzioni ancor più che nel risultato finale. Nickel Boys possiede come testo di partenza un romanzo potentissimo che il regista interpreta in maniera coraggiosa e molto personale, non riuscendo però a evitare che, in particolar modo nella parte centrale, la storia venga soffocata dalla forma filmica scelta per esporla. Merito indiscutibile del film è invece un finale bellissimo, sorprendente e doloroso, che lascia dimenticare le incertezze e alcune lentezze narrative. Se RaMell Ross continuerà a proporci cinema così audace e non disposto a scendere a compromessi, sarà con indubbio interesse che ne seguiremo la carriera.
Nickel Boys
Sommario
Questo di RaMell Ross è un esordio che merita di essere sostenuto probabilmente per le sue intenzioni ancor più che nel risultato finale.