November – I cinque giorni dopo il Bataclan recensione

November – I cinque giorni dopo il Bataclan racconta proprio ciò che promette nel titolo: il breve tempo successivo a quel 13 novembre del 2015 che la Francia (ma non solo) ricorda come una delle infinite ferite inferte dalla follia degli attentati terroristici che hanno caratterizzato il nostro secolo.

 

Diretto da Cédric Jimenez, presentato al Festival di Cannes dello scorso anno e candidato a ben sei premi César, November è fedele allo stile del suo regista, anche se la sceneggiatura è stata scritta da Olivier Demangel. L’ultimo film di Jimenez era stato infatti BAC Nord del 2020, un’altra pellicola ad altissimo tasso adrenalinico che vedeva sempre le forze dell’ordine all’opera nello sventare rischi, in quel caso localizzati ad una zona ristretta della Francia e nell’ambito del narcotraffico.

November – I cinque giorni dopo il Bataclan, la recensione

Il regista di Marsiglia è infatti avvezzo all’analisi di profili duri, com’era stato nel 2017 per L’uomo dal cuore di ferro, la storia dell’agghiacciante gerarca nazista Reinhard Heydrich chiamato proprio da Hitler con l’appellativo che dà il nome al titolo del film. Ed è attratto da racconti che vedono messa in scena l’eterna lotta tra chi combatte per il bene e chi lo fa per il male, tra legalità e crimine, tra buoni e cattivi, come French Connection del 2014 che raccontava di un giudice determinato a stanare il capo di un’organizzazione di stampo mafioso.

È insomma il tema principale anche di November, quel dubbio atroce che accompagna il ritmo febbrile di tutto il film, nella corsa estenuante dei personaggi di fantasia interpretati da Jean Dujardin, Anaïs Demoustier, Jérémie Renier e Sandrine Kiberlain. I cinque giorni dopo il Bataclan sarebbero appunto il concentrato delle ricerche che la sezione antiterrorismo della polizia francese mette in atto con foga e impiegando decine di operatori istituendo una rete di ricerche senza sosta, nella speranza di scovare i responsabili della carneficina avvenuta a Parigi consistita in tre esplosioni nei pressi dello stadio e delle sparatorie in più luoghi pubblici – tra cui, appunto, il celebre teatro – causando la morte di 137 persone e 368 feriti.

Ma nel film di Cédric Jimenez la parte degli attentati rivendicati dall’ISIS non si vede nemmeno per un attimo. Tutto il racconto si svolge all’interno delle stanze degli uffici della polizia, non viene mostrata la vita personale di nessun agente e tutto convoglia verso il tentativo di riuscita delle indagini: nei ragionamenti dei protagonisti, nella loro raccolta ansiosa di tracce, anche le più trascurabili, che potrebbero ricondurre a un minimo barlume di risoluzione.

Il presidente Hollande, allora in carica, dichiara lo stato di emergenza e chiude le frontiere. La Francia è in ginocchio anche perché, a gennaio di quello stesso anno, era stata attaccata la sede del giornale Charlie Hebdo. Il regista fa trasudare tutto questo: la responsabilità profonda che ognuno sente per il proprio ruolo di fronte alla difesa del Paese, insieme allo smarrimento e all’angoscia nell’eventualità di prendere piste false. Le riprese sono alternate tra movimenti di macchina chiari, con lo stile delle serie tv statunitensi sulle unità anticrimine, e riprese da videocamere a infrarossi poste sugli elmetti dei soldati, o dall’alto in notturna con droni. Il ritmo serrato è dunque agevolato dal punto di vista della macchina da presa, ma non vuole limitarsi a quello.

Traspare chiaramente in November il sentimento del regista che vive le emozioni dei personaggi che riprende, che empatizza con la paura, il desiderio di riuscita e, forse per alcuni aspetti, l’ammirazione per l’eroismo di chi ha scelto un mestiere che con ottime probabilità espone a una morte violenta. November pone molti interrogativi, e riesce a far osservare quei fatti partendo dalla prospettiva di chi mette la propria umanità fallibile al servizio della possibilità di salvare vite umane e arginare problemi di proporzioni mondiali. Ma riesce a farlo senza patriottismo e, piuttosto, con un ottimo andamento registico e narrativo.

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RASSEGNA PANORAMICA
Samanta De Santis
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november-i-cinque-giorni-dopo-il-bataclanTraspare chiaramente in November il sentimento del regista che vive le emozioni dei personaggi che riprende, che empatizza con la paura, il desiderio di riuscita e, forse per alcuni aspetti, l’ammirazione per l’eroismo di chi ha scelto un mestiere che con ottime probabilità espone a una morte violenta.