Paradise is Burning, la recensione del film di Mika Gustafson

Il film esce in sala il 29 agosto, distribuito da Fandango.

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All’inizio di Venezia 81, arriva nelle sale italiane uno dei frutti più belli (premiato con il riconoscimento alla regia nella sezione Orizzonti) dell’edizione 2023 della Mostra Veneziana: Paradise is Burning, esordio alla regia di finzione della regista svedese Mika Gustafson. Un inno all’anarchia della giovinezza che fotografa, in un’estate di indipendenza, la vita di tre sorelle. Ninfe, fate, streghe che con la loro congrega affrontano l’ebbrezza della libertà, ma anche l’incertezza di un’adolescenza/infanzia senza una guida.

 

Paradise is Burning, la trama

In un quartiere operaio, in Svezia, le sorelle Laura (16 anni), Mira (12 anni) e Steffi (7 anni) se la cavano da sole, abbandonate a loro stesse e ai loro dispositivi elettronici da una madre che non torna a casa dal Natale precedente. Con l’estate in arrivo e senza genitori intorno, la vita è selvaggia e spensierata, vivace e anarchica. Ma quando i servizi sociali convocano un incontro, Laura deve trovare qualcuno che si spacci per la loro mamma, o le ragazze verranno date in affido e separate. Mentre scappa da un uomo che vuole fargliela pagare per essersi intrufolata nella sua piscina, Laura incontra Hanna, che sarebbe perfetta nello scopo, e con la quale si intrufola nelle case vuote di persone in vacanza.

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L’anarchia della giovinezza

Il messaggio che Mika Gustafson veicola, in un contesto sociale che mira a correggere e inglobare ogni aspetto deviante o alternativo rispetto alla regola, è che si sta bene anche senza genitori, se questi non sono interessati a esercitare il proprio ruolo. Paradise is Burning è un inno alla gioia e all’energia vitale che sprigionano queste giovanissime piccole donne nella loro estate di solitudine. Con questa ode all’anarchia, la regista rimane coerente con il suo passato da filmmaker, essendosi già interessata alla protesta contro le autorità svedesi nel documentario Silvana, sulla rapper Silvana Imam.

Un coming of age elevato alla terza

Ma l’aspetto di gioia e fioritura anarchica non è il solo elemento che Gustafson mette a fuoco con Paradise is Burning. Le tre protagoniste sono tutte in una fase della vita di trasformazione, del corpo e dello spirito: 16, 12 e 7 anni. E così il film si trasforma in un racconto di formazione elevato alla terza, in cui l’evoluzione fisica e spirituale delle tre ragazze presenta allo spettatore tre diverse età e tre diversi mutamenti. La sororità, e poi la sorellanza, diventano i punti cardine intorno a cui si snoda il racconto e con cui dialoga l’occhio della regista, leggero e curioso, acuto e premuroso.

La regista si fa testimone di uno scorrere di vitalità carico di energia: le streghe/amiche/ sorelle vogliono danzare e accentrare la loro quotidianità su questo impulso primitivo che le spinge in avanti, verso la rispettiva ricerca del sé attraverso le altre.

È poetico che Paradise is Burning arrivi nelle nostre sale sul finire dell’estate, il film si cala nella stagione estiva che in Svezia si colora di verdi intensi, la annusa e la attraversa, come simbolo di sensoriali e scoperta, ma anche come stagione passeggera che si affaccia a un autunno che non tarderà ad arrivare, portando con sé non solo pioggia e refrigerio.

Paradise is Burning
3.5

Sommario

Il film si trasforma in un racconto di formazione elevato alla terza, in cui l’evoluzione fisica e spirituale delle tre ragazze presenta allo spettatore tre diverse età e tre diversi mutamenti.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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