Piccolo Corpo: recensione del film di Laura Samani

Il film ha vinto il premio Discovery - Fipresci come "miglior rivelazione" gli European Film Awards 2022.

Piccolo Corpo film 2021

Fresco di vittoria agli European Film Awards 2022 – dove si è aggiudicato il premio Discovery – Fipresci come rivelazione per il film d’esordio, Piccolo Corpo di Laura Samani mette in scena il miracoloso viaggio di una giovane donna in cerca di una riconnessione spirituale con una parte di sè che sembra aver perduto per sempre. Sospeso tra la ricercatezza visiva del fantasy e quella storica, che indaga il folklore del Friuli Venezia Giulia, il film di Samani si è anche aggiudicato il David di Donatello 2022 alla miglior regia esordiente.

 

Piccolo Corpo, la trama: il santuario della speranza

Nell’Italia nord-orientale, all’inizio del XX secolo, una giovane donna di nome Agata (Celeste Cescutti) è sotto shock dopo che la sua primogenita è nata morta. Il sacerdote le dice che la bambina è destinata a vagare nel Limbo per l’eternità, senza speranza alcuna di raggiungere il Paradiso, poiché è morta prima di essere stata battezzata.

Nonostante ciò, Agata scopre che c’è una chiesa da qualche parte a nord dove una sacerdotessa dai poteri soprannaturali può riportare in vita un bambino morto per un solo respiro, sufficiente a battezzarlo e ad elevare la sua anima. Agata dissotterra il bambino con il favore delle tenebre e parte con il piccolo scrigno legato sulla schiena, come una pellegrina; nella foresta fa amicizia con la figura ferina di Lince (Ondina Quadri), che sarà la sua unica amica durante il viaggio disperatamente faticoso e pericoloso di Piccolo Corpo.

La voce del Mare

Agata parla attraverso la voce del mare: le sonorità di una distesa infinita di acqua salata sono linfa per le sue corde vocali, si raggruppano per dare vita a un nuovo codice linguistico. È l’idioma dell’amore, quello indissolubile, che permea ogni boscaglia e tratto di percorso che Agata attraversa. La figlia di Agata, secondo le credenze dell’epoca, non ha nome, dunque, non appartiene: è condannata a restare in un tempo e in uno spazio indefinito, del blu scuro della profondità oceanica. Tuttavia, il piccolo corpo del titolo è di dimensioni tali solo nella fattualità, non dal punto di vista del suo significato. È corpo arboreo, marittimo, terrestre, che unisce le due linee su cui viaggia il concetto di femminilità nel film – quelle di “madre” e di “figlia” – proprio nella sua appartenenza alla natura. Dalla natura proviene e a questa ritornerà: lo scopo del viaggio salvifico di questa creatura si associa immediatamente alla certificazione della sua identità, all’atto di nominare e sancire la sua afferenza ai paesaggi del Friuli Venezia Giulia di inizio XX secolo.

Una scena di Piccolo Corpo

Naturalismo umano

In Piccolo Corpo, Laura Samani sceglie di abbracciare le tradizioni più spirituali della sua regione, rifacendosi alla storia del santuario di Trava, tutt’ora esistente e dove, originariamente, si svolgevano proprio riti per far tornare in vita i bambini nati morti, giusto il tempo di un respiro, quello necessario a battezzarli per evitare la permanenza nel Limbo. In questo modo, la talentuosa regista elabora il modus operandi perfetto per fare grandi film di genere in Italia – similmente a La terra dei figli (2021) di Claudio Cupellini: ripartire dalle nostre radici, quelle misconosciute ai più, ma che si incastrano perfettamente con l’immaginazione. Serve una mano registica vivace, che segue il ritmo della brezza tra gli alberi su cui Agata e Lince lasciano la loro impronta per tracciare un racconto in cui ogni tema si collega al suo opposto – la morte diventa rinascita, i monti diventano mare, il ghiaccio diventa acqua – fortificando l’idea di una connessione assoluta tra corpo e spirito, uomo e natura.

Lince diventa la spalla perfetta per accompagnare Agata nel suo viaggio; questa figura androgina, variazione del lupo cattivo del bosco ma che assume pian piano connotati quasi fatati, interpretata da Ondina Quadri in maniera semplicemente sublime. In un passaggio di testimone inedito, in cui la forza materna ha a che fare più con lo spirito che con l’atto stesso del partorire, Lince diviene un personaggio fondamentale, che rinnova ancor di più l’unione col paesaggio naturale dei personaggi di Piccolo Corpo. Arriva a legarsi con la natura altra, il mare che un montanaro come lui non ha mai conosciuto ma a cui sente irrimediabilmente di appartenere: è basato un respiro a farglielo capire.

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