Praying for Armageddon: recensione del documentario di Tonje Hessen Schei e Michael Rowley

Praying for Armageddon

Sala affollata per la proiezione serale del documentario Praying for Armageddon di Tonje Hessen Schei e Michael Rowley, presentato durante Mondovisioni, la rassegna di documentari su attualità, diritti umani e informazione curata da CineAgenzia all’interno del Festival di Internazionale a Ferrara, che si svolge nella città dell’Emilia-Romagna dal 29 settembre al 1 ottobre.

 

Praying for Armageddon: una nuova ansia per tutti

In un periodo storico in cui nessuno di noi si sente troppo al sicuro, in cui ogni giorno siamo bombardati con notizie sui cambiamenti climatici, sulle crisi politiche, su alluvioni, su guerre e su malattie, Praying for Armageddon è pronto a generarvi una nuova ansia, quella di una setta religiosa molto vicina ai massimi poteri americani che inneggiano all’apocalisse (e che probabilmente hanno tutti i mezzi per scatenarla).

Il film segue passo passo l’inchiesta di Lee Fang, un giornalista di The Intercept, che sta cercando di capire cosa stiano combinando gli evangelisti – sia nel microscopico che nel macroscpico – all’interno della nazione americana, ma dedica anche tempo sufficiente ai pastori delle chiese indipendenti, ai politici del Partito Repubblicano, agli osservatori israeliani e palestinesi, nonché a Mission: M25, una sorta di gang evangelica che attraversa il paese su motociclette dalle dimensioni di auto compatte per fare proselitismo e talvolta anche per nominarsi “cavalieri” con spade (esemplare a riguardo è la scena in cui degli omoni tatuati e in giacca di pelle si proclamano cavalieri in stile medievale).

Il film di Schei e del co-direttore e direttore della fotografia Rowley può sembrare un po’ dispersivo, poiché affronta la questione da molti punti di vista e salta continuamente dagli Stati Uniti a Israele e viceversa inserendo sempre nuovi personaggi e tasselli alla sua tesi il che non lo rende un film di facile fruizione.

La tesi fondamentale su cui si basa il film è tuttavia chiara e terribile: ci sono un numero crescente di individui in posizioni di potere di rilievo nella politica statunitense e nella società in generale che stanno lavorando attivamente per provocare la fine del mondo così come lo conosciamo. Non è una situazione tranquillizzante poiché mentre il termine “fondamentalista cristiano” di solito si riferisce a qualcuno che crede che ogni parola della Bibbia sia letteralmente vera, questo gruppo sembra interessato solo all’Apocalisse, senza preoccuparsi delle parti più pacifiche che parlano di “porgere l’altra guancia” e “amare il prossimo”.

Follie e tesi portate alla luce da Schei e Rowley

Burd, ovvero il capo della setta di motociclisti, suggerisce che l’abbraccio del pensiero apocalittico sia una reazione all’incertezza dei tempi. “Stiamo entrando in un periodo della nostra storia in cui non sappiamo cosa ci aspetta“, afferma. È una dichiarazione retorica, vuota e priva di senso, poiché quando abbiamo mai saputo cosa stava per accadere? Le sue tesi, le sue idee sono come quelle di tutti gli altri fanatici applicabili a qualsiasi momento della storia contemporanea o lontana… Alluvioni, guerre, incendi e terremoti arrivano ciclicamente come sostenuto ad esempio da Jared Diamond in Armi, acciaio e malattie.

Un’altra affermazione abbastanza ridicola e priva di senso risulta essere quella di Lauren Boebart quando, intervistata da Fang a Washington, afferma che “ci sono solo due nazioni create per onorare Dio: Israele e gli Stati Uniti d’America” (affermazione che ha inevitabilmente scaturito una forte risata in sala) o quando Ralph Drollinger indica come demoni del mondo contemporaneo “il movimento omosessuale, l’ammissione dei transgender nelle nostre forze armate, la questione dell’aborto“.

Molte teorie dei fanatici all’interno del film possono dunque sembrare ridicole, ma è importante ricordare che sottovalutare un’entità politica solo perché appare eccentrica e facilmente ridicolizzabile non ha portato a buoni risultati negli ultimi anni. Il fanatismo trova conferme ovunque. Ne è un esempio la sequenza dell’incidente in moto di Burd, che rischia di non raggiungere l’evento a cui doveva presenziare a Lebanon. L’incidente non è però visto come un segno divino per impedirgli di andare avanti, anzi, l’uomo sposta l’attenzione sulla sua rapida guarigione che gli permette alla fine di partecipare. Il messaggio di Dio è chiaro: Burd deve andare avanti.

Ciò che è molto più spaventoso è come queste persone influenzino in modo subdolo la geopolitica, specialmente per quanto riguarda Israele, allo scopo di creare le condizioni favorevoli all’Armageddon (che si prevede avverrà su una vasta pianura vicino a Meggido, nel nord del paese). Infine uno degli intervistati più affascinanti di Fang è il pastore televangelista Robert Jeffress, un commentatore regolare su Fox News e leader di una delle più grandi comunità ecclesiali indipendenti della nazione, il quale ci assicura che “la fine del mondo non è motivo di paura”.

Un pensiero quanto meno audace. Tuttavia, per coloro che sono restii all’idea, Praying for Armageddon rappresenta una rivelazione che mette in luce l’entità finora inimmaginabile di un tipo di follia politica che affiderebbe il destino del mondo e dell’umanità a coloro che sembrano desiderare che non ci sia affatto un futuro.

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