Red: la recensione del nuovo film Pixar di Domee Shi

In attesa di Inside Out 2, Pixar ripropone al cinema i suoi ultimi film. Si comincia con Red, al cinema dal 7 marzo.

Red Pixar

In ognuno di noi c’è una creatura selvaggia, proprio come il regista Spike Jonze ha dimostrato con il suo bellissimo film del 2009 Nel paese delle creature selvagge. In quell’occasione, il piccolo protagonista Max si trovava a confrontarsi con delle mostruose incarnazioni delle sue emozioni, le quali gli apparivano tanto più indomabili e incomprensibili quanto più in lui si verificava quel delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Nel nuovo film della Pixar, intitolato Red e diretto dalla regista Domee Shi (già celebre per il cortometraggio Bao, premiato con l’Oscar), si affronta proprio questa stesso argomento. La differenza è che la creatura selvaggia della ragazzina protagonista, Mei, non è esterna a lei, bensì ne è un tutt’uno.

 

Il titolo originale del film, Turning Red (letteralmente “diventare rossi”), descrive meglio il processo di trasformazione con cui la giovane Mei deve confrontarsi. Appena tredicenne, la protagonista vede infatti la propria quotidianità completamente stravolta quando un’antica benedizione (ora considerata maledizione) di famiglia la colpisce. Questa prevede infatti che per ogni emozione forte provata, la ragazza si trasformi in un gigantesco e adorabile panda rosso. Una creatura che presenta però anche numerosi lati spiacevoli, che rendono la vita di Mei un inferno. Sbarazzarsi di questo problema diventa dunque per lei un imperativo, specialmente considerando l’imminente concerto della sua boy band preferita, a cui insieme alle sue amiche non vuole assolutamente mancare.

Rosso come la pubertà, rosso come l’emozione

Come per il succitato film di Jonze, anche nel caso di Red la “creatura selvaggia” è naturalmente una metafora. La regista ha affermato di aver scelto il panda rosso poiché è questo un colore che si sposa perfettamente con il periodo della pubertà, caratterizzata da emozioni come l’imbarazzo, la rabbia e l’amore. Il rosso è dunque il colore di cui improvvisamente si tinge la vita di Mei, spaventata dal cambiare del suo corpo e dalle emozioni sempre più forti che non sa riconoscere o gestire. Il racconto è dunque interamente basato sui tentativi della protagonista di relazionarsi con la sua nuova situazione e con quanti le sono intorno e cercano di aiutarla.

Come avveniva già nel precedente film Pixar Luca, nel quale a sua volta si ritrova tanto una trasformazione quanto la fotografia di un momento di passaggio da un’età ad un’altra, anche in Red ci si imbatte dunque nelle situazioni tipiche dell’ingresso nell’adolescenza. Dalle prime cotte per i ragazzi agli scontri con i compagni di classe, dal fortissimo legame con le amiche del cuore alle incomprensioni con i propri genitori. In particolar modo la madre, Ming Lee (che ha in originale la voce di Sandra Oh) è quantomai centrale nel film. La regista considera infatti Red anche un racconto sul rapporto madre-figlia. La Shi si concentra sull’offrire il punto di vista di entrambe, portando lo spettatore ora a mettersi nei panni di una ora in quelli dell’altra.

Così facendo, al di là della metafora resa progressivamente forse fin troppo didascalica, Red si concentra sulla forza delle relazioni tra i suoi personaggi, dando a queste il potere di essere davvero salvifiche. La Pixar, come noto, è sempre stata lodata per la grande capacità di far sciogliere il cuore gli spettatori con titoli come Wall-E, Up o i più recenti Coco e Onward – Oltre la magia. Proprio quest’ultimo titolo nasce dall’esigenza del regista di rapportarsi con la scomparsa del padre quando egli era solo un bambino. Similmente, Red è per ammissione della Shi basato su sue vere esperienze personali. Purtroppo, ciò non impedisce al film di risultare piuttosto freddo proprio a livello emotivo.

Red recensione
Mei e sua madre Ming Lee in un’immagine del film Red

Red: la recensione del film

Risulta complesso stabilire se la freddezza lasciata da Red sia causata dalla difficoltà per una certa tipologia di spettatore a immedesimarsi nella protagonista o da mancanze narrative del film. È anche vero che, maschi o femmine che sia, tutti hanno attraversato le stesse trasformazioni che Mei sperimenta e dunque tutti dovrebbero provare un certo trasporto verso un racconto di queste. Ciò purtroppo avviene raramente, con la conseguenza di rendere incostante l’attenzione nei confronti di quanto si sta guardando. La fortuna di Red è però quella di essere un film della Pixar e dunque estremamente curato sotto ogni aspetto visivo. I colori, i personaggi, le scenografie, ogni cosa è come sempre fonte di grande stupore per la grandissima quantità di dettagli, più o meno visibili ad un primo sguardo.

Particolarità in più che Red vanta è delle tecniche di animazione sensibilmente differenti rispetto a quelle tipiche della Pixar. Il film presenta infatti un gusto orientaleggiante, che in più occasioni ricorda l’ultimo film realizzato dal giapponese Studio Ghibli, ovvero Earwig e la Strega. Da questo punto di vista, la presenza della regista e delle sue inclinazioni stilistiche sono certamente un elemento che permette al film di distinguersi. Come un po’ era avvenuto per Encanto, il 60° classico della Disney, ci si trova dunque di fronte ad un film che sa come stupire l’occhio, ma un po’ meno il cuore. L’elemento che senza dubbio più di ogni altro riesce a scaldare quest’ultimo è però proprio il panda rosso, così ben realizzato da poter far avvertire allo spettatore tutta la sua coccolosità, rendendolo davvero irresistibile.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
red-recensione-pixar-domee-shiLa fortuna di Red è quella di essere un film della Pixar e dunque estremamente curato sotto ogni aspetto visivo. I colori, i personaggi, le scenografie, ogni cosa è come sempre fonte di grande stupore per la grandissima quantità di dettagli, più o meno visibili ad un primo sguardo. Se dunque il film sa come stupire l'occhio, non altrettanto riesce a fare a livello emotivo.