Stranizza d’amuri, recensione del film di Giuseppe Fiorello

L'attore e regista siciliano ricostruisce la vicenda di Toni e Giorgio , i due ragazzi morti a Giarre a inizi anni '80, facendone un inno alla vita e all'amore, oltre qualsiasi pregiudizio.

stranizza d'amuri recensione

Dopo un percorso lungo dodici anni, arriva nelle sale italiane, e solo nelle sale, dal 23 marzo Stranizza d’amuri, esordio alla regia di Giuseppe Fiorello. Smessi per la prima volta i panni dell’attore – in tv è stato Modugno, Salvo D’Acquisto, Giuseppe Moscati, tra gli altri; al cinema ha recitato per Risi, Tornatore, Ozpetek, Crialese, Verdone – uno dei volti più noti e amati del panorama televisivo e cinematografico nazionale si posiziona ora dietro la macchina da presa per parlare della vicenda non molto nota del delitto di Giarre. In questa cittadina in provincia di Catania, negli anni ’80 due ragazzi, Toni e Giorgio, decisero di vivere il loro amore nonostante l’ostilità delle loro famiglie e del paese intero. Alla loro storia Stranizza d’amuri è liberamente ispirato.

La trama di Stranizza d’amuri

Sicilia, 1982. In un paesino della provincia catanese, due adolescenti, Nino, Gabriele Pizzuto, e Giorgio, Samuele Segreto, si incontrano per caso in un pomeriggio d’estate. Prima diventano amici e poi si amano. Il paese però, non accetta la loro relazione, come già non accettava l’omosessualità di Giorgio, spesso vittima di soprusi. Anche nelle rispettive famiglie, la notizia della relazione arriva inaspettata, creando aspri conflitti e una spaccatura insanabile all’interno di entrambi i nuclei. Il legame, infatti, non è considerato ammissibile. Invano le due famiglie cercheranno di tenere lontani i ragazzi, determinati ad amarsi senza paura. Intanto, tutta l’italia, è incollata al televisore per i mondiali di calcio e spera in una vittoria.

Un film sensibile e rispettoso

Stranizza d’amuri è un film pieno di sensibilità, delicato, rispettoso. Il regista ha scelto di stare “un passo indietro”, per usare le sue stesse parole, e dedicarsi solo alla regia, senza mettersi anche davanti allla macchina da presa. Segno del desiderio di riservare particolare cura al racconto della vicenda, senza farsi “distogliere” dalla recitazione. Ne nasce un lavoro poetico, semplice ed efficace.

Adolescenza, amore e libertà in Stranizza d’amuri

Stranizza d'amuri, Gabriele Pizzuto e Samuele Segreto

Giuseppe Fiorello avrebbe potuto stuzzicare la curiosità degli spettatori, cercare di intrigarli con un film di genere poliziesco-investigativo, ma non lo ha fatto. Chi si aspetta di sapere finalmente la verità sul delitto di Giarre, dunque, rimarrà deluso. Stranizza d’amuri non è un film inchiesta o a tesi. È invece il racconto della provincia siciliana dei primi anni ’80. Un affresco calzante di tutto il sud, non solo della Sicilia, terra del regista. È evidente come egli sappia dove puntare l’occhio della macchina da presa per essere efficace: rendere le atmosfere contadine di un sud semplice, ma dignitoso, fuori dagli stereotipi della criminalità, del malaffare e dell’arte di arrangiarsi. Il sole, il mare, certo. Che sud e che estate sarebbe senza? Ma anche i prodotti della terra, il lavoro duro e onesto ogni mattina, la fatica di fronte alla quale non ci si tira indietro. Tutto è dipinto con i colori caldi del sud, esaltati dalla fotografia di Ramiro Civita. È in questo scenario che nasce e cresce la storia d’amore tra Nino e Gianni, due ragazzi che si incontrano, diventano amici e poi si innamorano. Il film è il racconto dell’estate di due adolescenti in Sicilia. La maggior parte del lavoro è dedicata proprio al racconto della vita del paese e alla conoscenza e all’innamoramento dei due ragazzi. Riesce ad essere spensierato, leggero, nonostante tutto. Sembra quasi di potersi illudere che la vicenda abbia un esito positivo. È solo nell’ultima parte che le cose precipitano. È una scelta degli sceneggiatori – oltre a Giuseppe Fiorello, Andrea Cedrola, Carlo Salsa, con Josella Porto. Forse questo evidenzia ancor meglio come, anche in quelle famiglie oneste, semplici, accoglienti, dove un posto a tavola si aggiunge senza problemi anche per uno sconosciuto, poi, improvvisamente, di fronte al tabù dell’omosessualità si cambi atteggiamento, si passi alla chiusura totale, all’abbrutimento.

Una visione articolata e non manichea

Oltre alla delicatezza e all’apparente semplicità, che riesce ad essere efficace e poetica, in Stranizza d’amuri è evidente l’intenzione del regista di non giudicare, di non mettersi dalla parte di nessuno. Fiorello vuole fotografare, capire, anziché descrivere il fatto e i suoi personaggi in maniera manichea. Ciascun personaggio, infatti, è tratteggiato in modo complesso e caratterizzato da sfumature anche opposte, che riescono a rendere, almeno in parte, la complessità della vicenda e di un tessuto sociale, culturale e soprattutto familiare non facile da dipingere. Non ci si accontenta insomma di soluzioni facili, ma ci si avvicina con rispetto ad una vicenda che non può essere banalizzata.

Le caratterizzazioni di Stranizza d’amuri danno spessore

Questa complessità è ben resa non solo grazie alle interpretazioni efficaci dei due giovani protagonisti, Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, ma forse ancor di più grazie a chi sta loro intorno, a comporre un mosaico di caratterizzazioni ben riuscite che aggiungono spessore alla storia. Una menzione particolare va alle due madri: Fabrizia Sacchi, Carmela, e Simona Malato, Lina. Ma ci sono anche Antonio De Matteo, padre di Nino, la sorella Isabella, Giuditta Vasile, il nipotino Totò, Raffaele Cordiano, Enrico Roccaforte, patrigno di Gianni, Roberto Salemi, zio Pietro, e Giuseppe Spata, zio Ciccio. Ci sono gli avventori del bar del paese: Alessio Simonetti, Turi, e Anita Pomario, Giuseppina. A completare il tutto, poi, la colonna sonora di Giovanni Caccamo con Leonardo Milani, in cui compaiono anche brani di Franco Battiato, uno dei quali è proprio Stranizza d’amuri, che dà il titolo al film. In sala dal 23 marzo, Stranizza d’amuri è un lavoro sentito e poetico, non solo un inno alla vita e all’amore, oltre il pregiudizio, ma anche un gesto di sincero affetto nei confronti di Toni e Giorgio, i due ragazzi uccisi a Giarre, cui il film è dedicato.

RASSEGNA PANORAMICA
Scilla Santoro
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Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni, la musica (rock e pop), la pittura e l'arte in genere.
stranizza-damuri-giuseppe-fiorelloL'esordio alla regia di Beppe Fiorello, più che ricostruire il delitto di Giarre, racconta l'amore negato a due adolescenti nella Sicilia degli anni '80, con sensibilità e rispetto. Non si tratta di un film poliziesco-investigativo, ma di un inno alla vita e alla libertà.