The Host: recensione del film di Andrew Niccol

The Host film recensione

Dall’autrice della Saga di Twilight arriva The Host, una nuova fantascientifica storia d’amore, adattata per il grande schermo e diretta da Andrew Niccol, abile traghettatore di storie Sci-fi.

 

Siamo in un futuro imprecisato, la Terra è stata colonizzata dagli alieni e la razza umana è stata annientata e spodestata dei propri corpi, divenuti semplici dimore per vagabondi interplanetari. I pochi superstiti sono costretti a nascondersi in un rifugio sotterraneo, tra le lande desertiche di un mondo che sembra aver perso ogni traccia di umanità. I procacciatori di umani, i cosiddetti cercatori (Diane Kruger e compagni), sono assuefatti da una brama di onnipotenza che rende la caccia agli umani da spolpare, sempre più spietata.

Melanie (Saoirse Ronan) è una ragazza che ha scontato sulla propria pelle la vendicativa furia aliena. Privata della sua vita corporea, continua a vivere spiritualmente nel corpo dell’aliena viandante Wanderer, che la ricorda nelle fattezze, nei gesti ma non nello sguardo. L’anima di Melanie che ancora pulsa in lei, la induce a ritrovare il fidanzato Jared (Max Irons) e il fratellino Jamie (Chandler Canterbury), latitanti e dispersi nel deserto.

Un invasore alieno e un essere umano intrappolati nello stesso corpo, una convivenza destinata a scompaginare equilibri, a soffocare sentimenti e a generarne di nuovi. E un conflitto interiore che non poteva non invadere la sfera sentimentale. Perché l’aliena Wanda è in grado di provare le stesse emozioni di un essere umano, e si dà il caso che il suo cuore batta per un ragazzo che non è Jared.

Andrew Niccol architetta ed evidenzia il dualismo alieni vs umani, facendo leva sulla carica emotiva e comparativa che solo il flashback sa restituire. Wanda prende confidenza con il suo nuovo corpo, con il mondo high tech che la circonda e con gli alieni, e intanto rivive, nella sua mente, gli ultimi e decisivi istanti di vita dell’umana, ostaggio del suo corpo. Un’accurata contrapposizione cromatica e stilistica sottolinea l’acuta divergenza che affligge i due mondi prevaricatori, che non sanno e non vogliono comunicare. Da una parte l’atmosfera tiepida del mondo umano, suggerita da una fotografia dai toni caldi e avvolgenti, dall’altra la neutralità asettica del bianco e del luccicante color argento a palesare il deserto di emozioni delle anime aliene.

Una pellicola che rievoca l’atmosfera avveniristica di Gattaca, ma che a differenza di quest’ultimo film, non riesce a sollevare questioni socio-psicologiche altrettanto coinvolgenti e rivoluzionarie. E’ evidente come il fulcro narrativo di The Host miri a solleticare altre dimensioni emotive, puntando sul pathos del triangolo amoroso, e rischiando per questo di diventare l’ennesimo Twilight, stavolta in chiave aliena.

Amori contrastati da forze esterne avverse o dalle spietate leggi della natura, guerre tra mondi distanti e incompatibili, argomenti ormai logori e fin troppo abusati dalle pellicole fantasy; gli ingredienti possono anche cambiare, ma il sapore resta sempre lo stesso.

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Chiara Temperato
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