The Hotel, recensione del film di Wang Xiaoshuai

Cronaca del lockdown in un hotel thailandese, il film cinese prova a condurre una riflessione sulla difficoltà delle relazioni umane. 

the hotel recensione

Presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma, arriva The Hotel del regista cinese Wang Xiaoshuai, girato con povertà di mezzi e in poco tempo – soli quattordici giorni – durante il confinamento del regista e di un gruppo di suoi colleghi, artisti e tecnici del cinema, in un albergo in Thailandia. Qui Wang era in vacanza. Vi è rimasto confinato assieme alla troupe, con il dilagare della pandemia e l’interruzione dei voli verso la Cina. 

 

La trama di The Hotel

Vite che si intrecciano in un albergo e si confrontano con l’irrompere della pandemia da Covid-19. Sova, Yuanyuan Ning, una ragazza ventenne con sua madre, Ying Qu. Il giovane A Dong, Srisai Worrapon, che si occupa di un uomo disabile di mezza età, Jun Dai. Una coppia formata da un ex professore universitario, Fu Ye, e sua moglie, in crisi. Costretti a stare insieme, si conoscono e in alcuni casi, nascono amicizie o simpatie. Sova sta per compiere vent’anni e sua madre le ha promesso, per il suo compleanno, di rivelarle un segreto.

Un esperimento non riuscito

The Hotel cerca di fotografare lo spaesamento e la difficoltà dei rapporti umani, acuiti dalla pandemia. Lo fa attraverso scelte stilistiche e tecniche che non lo portano però all’efficacia, eccetto per il bianco e nero e per una fotografia tecnicamente molto bella, sebbene non particolarmente originale. Ecco allora, tempi dilatati, lunghe pause. I dialoghi sono ridotti al minimo. Le difficoltà relazionali così mostrate, le fragilità umane così rivelate, non riescono però a coinvolgere lo spettatore, che finisce per annoiarsi. La struttura del film è suddivisa in capitoli, con una parziale inversione dell’ordine cronologico. Questa scelta, però, non giova particolarmente al film, né trova una precisa giustificazione. Il cast offre interpretazioni che difficilmente riescono ad emozionare e non trasmettono la paura, l’incertezza, il senso del pericolo e della tragedia incombente, che in quei giorni tutti hanno provato. Peccato, perché avere poco tempo a disposizione e pochi mezzi non necessariamente significa non poter dar vita a un buon film. Nel caso di The Hotel, purtroppo, l’esperimento non sembra essere riuscito.  

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Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni, la musica (rock e pop), la pittura e l'arte in genere.
the-hotel-recensione-del-film-di-wang-xiaoshuaiLe difficoltà relazionali così mostrate, le fragilità umane così rivelate, non riescono però a coinvolgere lo spettatore, che finisce per annoiarsi. La struttura del film è suddivisa in capitoli, con una parziale inversione dell'ordine cronologico. Questa scelta, però, non giova particolarmente al film, né trova una precisa giustificazione.