The Nun 2, la recensione del ritorno dell’incubo Blumhouse

Continua il franchise di The Conjuring con un sequel di cui non si sentiva il bisogno

The Nun 2 recensione
NUN2

A circa sette anni dalla sua prima apparizione nella serie e un lustro dopo l’uscita del primo film, la Blumhouse torna a mettere al centro del suo ultimo The Nun 2 la suora malvagia che i fan del The Conjuring Universe conoscono molto bene. In sala a settembre, distribuito da Warner Bros. Pictures, il film diretto da Michael Chaves (The Conjuring – Per ordine del diavolo, La llorona) si collega direttamente al The Nun – La vocazione del male del 2018 e ai suoi personaggi, di nuovo interpretati da Taissa Farmiga e Jonas Bloquet (Io sono tuo padre).

 

The Nun 2, la trama

Sono loro la suor Irene e il “Francese” Maurice scampati allo scontro finale del precedente capitolo, anche se non senza conseguenze. Quelle delle quali continuiamo a scontare gli effetti letali nella Francia del 1956, a Tarascon, dove prete muore bruciato nella sua stessa chiesa. Ma è solo l’ennesima dimostrazione di quanto il male si stia ormai diffondendo, uno dei casi sui quali la giovane sorella è chiamata a investigare, seguendo una traccia che la porterà nuovamente faccia a faccia conil demoniaco Valak.

Il franchise continua, un sequel con pregi e difetti

Ormai una presenza ricorrente e caratteristica della serie, l’apparizione della inquietante versione ecclesiastica del demone creato da Jason Blum era stata di tale impatto da rendere quasi inevitabile continuare a sfruttarla. Soprattutto considerato che The Nun è a tutt’oggi il primo per incassi mondiali dei titoli del franchise di The Conjuring (366 milioni di dollari contro i 320 dei primi due capitoli). Un record che difficilmente verrà scalfito – o anche solo impensiero – dal film con cui continua questa deriva della serie, prossima a toccare quota dieci film con l’annunciato The Conjuring 4.

Purtroppo, il ritorno della Suor Irene di Taissa Farmiga difficilmente verrà ricordato. E probabilmente i vari Gary Dauberman, Carey Hayes, David Leslie Johnson e James Wan non lasceranno più le loro creature agli autori (Ian Goldberg e Richard Naing, qui affiancati da Akela Cooper, padre della storia in questione oltre che di M3GAN e Malignant) di una sceneggiatura tanto confusa.

The Nun 2
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The Dangerous Lives of Altar Boys

Questa volta sono chierichetti e giovinette in età da collegio le vittime preferite di questa manifestazione del Male, che resta nell’ombra più di quanto il buon senso o l’equilibrio consiglierebbero. Una scelta che evidentemente segue l’encomiabile intenzione di dare più risalto alle diverse linee narrative che si intrecciano sullo schermo (ma sarebbe bastato semplificare quelle esistenti, soprattutto quella ‘familiare’ del Francese, la Kate di Anna Popplewell e la piccola Sophie di Rose Downey), ma che sul lungo fa sentire la mancanza della protagonista più attesa (che lo stesso regista sembra accennare potremmo ritrovare nel prossimo The Conjuring: Last Rites).

Uno dei diversi autogol che subisce il film che, dopo un inizio promettente e intrigante, sembra affidarsi maggiormente alla cura formale della confezione e a una inusuale cura dell’aspetto visivo (quasi patinato) e delle location che alla gestione equilibrata di comportamenti e azioni. Soprattutto quelli di interpreti tendenti all’eccesso o poco convincenti (nessuno escluso), nel primo caso, e quelle di demoni particolarmente distratti e innocui.

Un peccato, visto che nel “lot of fun stuff” promesso dall’onesto Chaves non mancano scene meritevoli, dall’interessante trovata di mascherare il necessario spiegone ‘per chi non avesse visto le puntate precedenti’ da leggenda alle scene dello scontro a colpi di aspersorio o dell’edicola da strada scelta da Valak per palesarsi. Momenti rinfrancanti e illusori in un lungo combattimento con il senso di certe scelte e gli strappi immotivati di una backstory fin troppo fantasiosa e forzata. E che aumentano il rammarico per il tentativo fallito di fare qualcosa di più del solito, puntando su sogni e visioni – poco thriller e minacciose – più che le usuali apparizioni o un abuso di jumpscare.

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RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
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the-nun-2-blumhouseUno dei diversi autogol che subisce il film che, dopo un inizio promettente e intrigante, sembra affidarsi maggiormente alla cura formale della confezione e a una inusuale cura dell'aspetto visivo (quasi patinato) e delle location che alla gestione equilibrata di comportamenti e azioni. Soprattutto quelli di interpreti tendenti all'eccesso o poco convincenti (nessuno escluso), nel primo caso, e quelle di demoni particolarmente distratti e innocui.