The Penitent – A Rational Man: recensione del film di e con Luca Barbareschi #Venezia80

Luca Barbareschi adatta un testo di David Mamet, non riuscendo però a conferire un'anima al suo film.

The Penitent - A Rational Man rcensione
Foto di F. Di Benedetto.

Il primo film statunitense di Luca Barbareschi, The Penitent – A Rational Man, è ispirato ad un caso di cronaca, quello di Vitali Tarasoff, psicanalista rimasto vittima di accanimento giudiziario e della macchina del fango causata da una comunicazione pilotata. Un caso complesso, dove la Corte Suprema della California ha infine stabilito che un professionista della salute mentale ha un dovere non solo nei confronti di un paziente ma anche nei confronti degli individui che possono essere minacciati da quel paziente. Un caso, dunque, che solleva l’interrogativo di quando sia lecito o necessario rompere il silenzio e scegliere di proteggere piuttosto che rispettare il segreto professionale.

 

Su questa vicenda il drammaturgo e sceneggiatore David Mamet ha scritto un testo teatrale, lavorando a partire dalle domande suscitate da tale caso. Un testo su cui Barbareschi ha già lavorato, portandolo in teatro, e che ora ha scelto di adattare per il cinema, ritenendolo quantomai attuale e urgente. Presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, il film è infatti fortemente radicato nel nostro contemporaneo e diventa dunque l’occasione per riflettere sulla cancel culture, sul ruolo dei media nella sua crescente popolarità e su dove questi e altri aspetti inerenti il politicamente corretto stiano portando la società attuale.

The Penitent – A Rational Man, la verità di un uomo

Ambientato in una New York, che rimane però sempre sullo sfondo, il film ha per protagonista uno psichiatra di nome Carlos David Hirsh (Luca Barbareschi), che vede deragliare la sua carriera e la sua vita privata dopo essersi rifiutato di testimoniare a favore di un ex paziente violento e instabile che ha causato la morte di diverse persone. L’appartenenza alla comunità LGBT del giovane paziente, il credo ebreo del dottore, la fame di notizie della stampa e il giudizio severo della legge, aggravati da un errore di stampa dell’editor di un giornale, sembrano essere gli elementi che fanno scatenare una reazione a catena esplosiva, che costringerà Hirsh a dover lottare per la verità.

In completo ascolto dei personaggi

Nel raccontare questa storia, Barbareschi vuole andare dritto al sodo, concentrandosi su poche ma lunghe scene, ambienti unici e un massimo di due o tre attori in scena. The Penitent – A Rational Man mantiene dunque una forte impostazione teatrale, che porta lo spettatore a passare da un ambiente all’altro e in esso assistere allo scontro tra il protagonista con alcune persone a lui vicine, dalla moglie Kath (interpretata da Catherine McCormack) all’avvocato Richard (ruolo ricoperto da Adam James), fino al PM (che ha il volto di Adrian Lester).

Personaggi stretti in ambienti ora claustrofici ora ampi e asettici, ma sempre pensati secondo una volontà di esteriorizzare ciò che si agita all’interno dell’animo dei personaggi. Si ha modo di notare tutto ciò e il modo in cui Barbareschi costruisce una certa distanza o freddezza tra i personaggi grazie dunque a queste scene che si prendono il loro tempo per raccontare quanto necessario. The Penitent – A Rational Man non offre di certo un ritmo incalzante, cosa che ne rende ostica la visione, ma è una scelta che trova spiegazione nella volontà del regista di andare al cuore di questi personaggi e delle loro vicende.

The Penitent - Luca Barbareschi Adrian Lester
Luca Barbareschi e Adrian Lester in una scena di The Penitent – A Rational Man. Foto di F. Di Benedetto.

Un film senz’anima, che sacrifica i propri aspetti migliori

Esteticamente, dunque, Barbareschi conferisce al film una precisa impronta, che può o meno piacere in base ai propri personali gusti cinematografici. Ciò che invece risulta obiettivamente funzionare meno è il modo in cui si sceglie di affrontare i dialoghi, i quali troppo spesso scadono nel didascalico o comunque difficilmente capaci di risuonare sinceri sullo schermo cinematografico così come magari potrebbero farlo invece a teatro. Si ha inoltre talvolta la sensazione che il racconto non riesca a progredire come dovrebbe, perdendosi spesso e volentieri in accuse contro la cancel culture che, al di là della loro condivisibilità o meno, distolgono da altri ben più interessanti aspetti del film.

Il principale tra questi è probabilmente il rapporto di Hirsch con la fede ebbraica e con Dio, il modo in cui si può o meno interpretare la parola divina e come essa trova applicazione nella realtà. Aspetti complessi, che un film che si prende i tempi necessari come questo avrebbe potuto esplorare meglio. L’obiettivo sembra però quello di proporre riflessioni sulla pericolosità di un pensiero che cancella ciò che non va bene e di come in assenza di un controllo di ciò si può rischiare una nuova dittatura. Questioni certamente attuali, importanti e urgenti, ma che così affrontate non trovano il giusto valore e non lasciano spazio ad altro, portando così il film ad essere privo di una vera anima.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
Articolo precedenteOrigin: recensione del film di Ava DuVernay #Venezia80
Articolo successivoPenélope Cruz protagonista de I Giorni dell’Abbandono da Elena Ferrante
Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
the-penitent-a-rational-man-luca-barbareschiLe premesse del racconto di The Penitent - A Rational Man sono interessanti e attuali, ma nell'adattamento si perde l'anima della storia che, tra una rigida impostazione teatrale e ingombranti riflessioni sulla cancel culture, non riesce a dare spazio ai suoi aspetti e temi più interessanti.