Origin: recensione del film di Ava DuVernay #Venezia80

Il film sarà distribuito da Neon

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Scritto e diretto dalla candidata all’Oscar Ava DuVernay, Origin si ispira alla straordinaria vita e al lavoro della scrittrice premio Pulitzer Isabel Wilkerson (Aunjanue Ellis-Taylor), mentre scrive il suo libro Caste: The Origin of Our Discontents. Alle prese con un’immane tragedia personale, Isabel intraprende un percorso di indagine e scoperta globale. Nonostante la portata colossale del suo progetto, trova la bellezza e il coraggio di scrivere uno dei libri americani più importanti del nostro tempo. DuVernay racconta in modo emozionante la sua storia dal forte simbolismo non solo metaforico – che scoppia nel suo finale – ma anche nel concreto.

 

La premessa iniziale presenta l’omicidio di Trayvon Martin come parte integrante di un pensiero che la stessa regista insieme a Wilkerson hanno portato avanti per il lungometraggio. Quella è davvero la voce dell’assassino di Martin che chiama il 911. Si tratta di una registrazione, usata all’inizio del film, di George Zimmerman prima che sparasse e uccidesse il ragazzo, un adolescente che tornava a casa da un minimarket in Florida nel 2012. A Martin, infatti, è dedicata la prima inquadratura di Origin e anche la chiusura.

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Origin, la trama

Cosa succede quando non ti uniformi al sistema? Il lungometraggio di Ava DuVernay torna più volte sull’argomento e vuole andare oltre alla semplice risposta: “Bisogna comportarsi in modo da non mettersi in pericolo”. Nelle sue due ore di storia tra perdite e lutti, l’intento di Isabel è quello di scoprire l’origine di un mondo che fa delle diversità un nemico da combattere. In alcuni tratti, soprattutto sul finale molto didascalico, la ricerca di Wilkerson durante la stesura del suo romanzo cerca una connessione tra nazismo, schiavitù e sistema delle caste. Così come in Mangia, Prega, Ama, Isabel intraprende questo viaggio mentre la sua vita privata si sgretola in mille pezzi.

Un viaggio dove passato e presente si accavallano, mentre Isabel affronta momenti belli ma anche difficili. Si parte dalla Germania e dalle trascrizioni di alcuni incontri di soldati delle SS per cercare una connessione tra i regimi totalitari. In una scena del film che si svolge in Germania, Isabel ha un confronto con una amica ebrea, una conversazione per cercare una connessione tra le forse di razzismo che diventa una gara a chi ha sofferto di più. Gli ebrei sono stati perseguitati, gli schiavi venduti come oggetti. Un botta e risposta che poi trova la sua conclusione: è vero, in modo totalmente diverso, questi due momenti storici hanno la loro connessione. Il regime totalitario si è ispirato alle leggi di Jim Grow per collegarle all’Olocausto. A queste immagini vengono anche contrapposti frammenti di storie reali come per esempio la storia d’amore tra August e Irma, un membro tedesco del Partito Nazista e una donna ebrea.

La deferenza

Ci spostiamo poi in America, cercando ancora informazioni per il libro da scrivere. Siamo a metà film e la ricerca inizia a dare i suoi frutti per la stesura del romanzo. Torna allora il tema della schiavitù ma questa volta tramite la lente di Ava DuVernay e Isabel Wilkerson viene introdotto il tema della deferenza, la condiscendenza rispettosa nei confronti dell’altrui volontà. Vediamo il mondo con due lenti diverse: un poliziotto che fa la ronda nel quartiere popolato da soli bianchi è un amico, una autorità che protegge. Ma subito dopo vediamo la stessa scena con occhi diversi, cambiamo quartiere e mentre dei ragazzi afroamericani giocano a pallone la stessa ronda diventa più oscura, lo sguardo del poliziotto si acciglia come se fiutasse il pericolo.

Arriviamo alla parte finale di questo viaggio, dove tutto è iniziato: in India. Il razzismo non è un problema di razza ma di caste esclusive. Un road movie che viene tirato avanti da due filoni: da una parte la stesura del libro che serve allo stesso modo a Isabel per incanalare il dolore per la perdita delle persone a lei care e riuscire ad affrontarlo. Non esiste arma migliore, non voltare le spalle al dolore ma prenderlo di petto.

“Un mondo senza caste renderebbe tutti liberi”.

Sommario

Un doppio viaggio, anche interiore che Ava DuVernay intraprende per raccontare la storia di Isabel Wilkerson. Una storia di lutto e di perdita ma anche di come affrontare il dolore senza voltargli le spalle.
Lidia Maltese
Lidia Maltese
Laureata in Scienze della Comunicazione alla Sapienza, classe 95. La mia vita è una puntata di una serie tv comedy-drama che va in onda da 27 anni. Ho lo stesso ottimismo di Tony Soprano con l'umorismo di Dexter, però ho anche dei difetti.

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