The Warrior – The Iron Claw: recensione del film con Zac Efron

Il film arriva nelle sale italiane a partire dal 1° febbraio.

The Warrior - The Iron Claw recensione

Con soltanto tre film per il cinema in dodici anni, compreso questo suo ultimo The Warrior – The Iron Claw, Sean Durkin si merita già l’appellativo di autore a tutto tondo. E questo perché come nessun altro o quasi all’interno del cinema americano contemporaneo sa costruire ogni volta un microcosmo tanto preciso quanto complesso nel cui immergere i propri personaggi. Sia il suo inquietante e ipnotico esordio La fuga di Martha, che il più recente The Nest rappresentano studi socio-psicologici di notevole finezza, in cui l’autore mette in scena le regole di un universo che pian piano si chiude in se stesso, fino a cominciare a mostrare le crepe del sistema che lo regge. Con The Warrior (The Iron Claw) Durkin alza decisamente la posta in gioco, in quanto si tratta di un film, a conti fatti il suo primo, che intende rivolgersi a un pubblico più ampio senza perdere nessuna delle coordinate e delle fascinazioni dei precedenti.

 

The Warrior – The Iron Claw, la trama

Il microcosmo che viene raccontato stavolta è quello della famiglia Von Erich, la quale negli anni ‘80 si impose nel mondo del wrestling professionistico. Ma a quale prezzo? La gestione totale è quella del patriarca Fritz (Holt McCallany), lottatore dalle fortune alterne che ha allevato i figli con lo scopo preciso di diventare campioni del mondo nella sua stessa specialità sportiva. Il predestinato sembra essere Kevin (Zac Efron), il quale più di tutti ha sacrificato anima e corpo per compiere il volere del padre. Ben presto però anche i suoi fratelli David (Harris Dickinson) e Kerry (Jeremy Allen White) dimostrano la loro abilità di lottatori ma soprattutto di showmen, mettendo in discussione le gerarchie che sembravano ormai stabilite…

Jeremy Allen White in The Warrior - The Iron ClawUno studio struggente di psicologie

Quello che poteva essere sviluppato come un semplice biopic o un dramma familiare in mano a Durkin diventa scena dopo scena uno studio struggente di caratteri e psicologie castrate. Il senso di predestinazione che The Warrior infonde nello spettatore viene dato da due fattori portanti: prima arriva una sceneggiatura che insiste con pienezza sulla dualità dolorosa del protagonista Kevin, diviso tra il senso del dovere e la frustrazione crescente di fronte all’impossibilità di compierlo.

In secondo luogo la magnifica messa in scena, la quale pur non distanziandosi mai da un realismo di fondo riesce a superarlo grazie all’eleganza delle immagini e la densità quasi autunnale della fotografia dell’ungherese Mátyás Erdély (Figlio di Saul). Soprattutto nella seconda parte The Warrior – The Iron Claw possiede quel senso di predestinazione scaturito da una visione “elegia” del dramma che lo avvicina a un capolavoro evocativo quale Picnic a Hanging Rock di Peter Weir.

The Warrior - The Iron Claw Zac EfronUn cast vicino alla perfezione

Il resto lo fa un cast di attori che davvero si avvicina alla perfezione: Efron sforna realmente la prova che vale una carriera, volutamente strabordante nella performance fisica e insieme sorprendentemente capace di esplicitare i dissidi interiori del suo sfaccettato personaggio. Alla fine quello che rimane impresso a fondo di The Warrior è il percorso umano di Kevin, e questo è senz’altro merito enorme dell’attore che lo interpreta. Tra i comprimari dobbiamo necessariamente applaudire l’ambiguità della prova di Holt McCallany e la compostezza rocciosa di Maura Tierney del ruolo della matriarca: in un film che inscena atletismo e acrobazie coreografiche, il linguaggio del corpo sempre trattenuto della madre diventa un pugno emotivo allo stomaco del pubblico, capace di raccontare in maniera sottile e profonda la condizione della donna in quell’universo dominato dal “maschio”.

Raramente nel cinema americano, mainstream oppure maggiormente orientato verso gli stilemi dell’indipendenza, si riesce a trovare quel connubio di forma e contenuto che The Warrior – The Iron Claw offre al pubblico. Si tratta seriamente di uno dei lungometraggi migliori di questo 2023 che volge al termine, quello che probabilmente riesce a esprimere meglio il non detto, i dilemmi e il dolore interiore prima di tutto del personaggio principale. Basta vedere, anzi “vivere,” il percorso che compie nel corso del film proprio la “Iron Claw” la morsa di ferro che sul ring era il marchio distintivo della famiglia Von Erich: il doloroso scavalcamento di senso che da gesto simbolico di vittoria si trasforma in metafora dell’oppressione basta e avanza per raccontare dell’abilità di Sean Durkin come sceneggiatore e regista. Da applausi.

- Pubblicità -