Sono passati due anni dal successo di Anime Nere, film che Francesco Munzi presentò in concorso proprio alla 71esima edizione della Mostra del Cinema e che lo scorso anno gli ha fatto guadagnare ben nove David di Donatello (incluso Miglior Film e Miglior Regia).

 

Adesso, il regista e sceneggiatore romano torna protagonista del fuori concorso di Venezia 73 con il documentario Assalto al Cielo, pellicola che racconta uno dei momenti più complessi della storia italiana, ossia il periodo delle lotte politiche extraparlamentari tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70.

Montato esclusivamente con immagini di repertorio, il film d’archivio di Francesco Munzi si rivela un’opera magistralmente orchestrata nella sua volontà di volersi palesemente astenere da qualsiasi tipo di giudizio sulle azioni che hanno caratterizzato quel periodo della nostra storia fatto di sogni e speranze, ma anche di violenza e sangue.

Assalto al Cielo

Diviso in tre momenti, il lavoro di Munzi si contraddistingue per una scelta oculata e ben precisa di omettere volontariamente il materiale più istituzionale e “manipolato” per dare ampio spazio alla voce degli uomini e dei ragazzi che di quelle lotta e di quelle rivoluzioni furono assoluti protagonisti, offrendo quindi allo spettatore la possibilità di rivivere un pezzo di storia italiana attraverso uno sguardo interno, riconoscibile, capace di rievocare tutta una serie di sentimenti contrastanti.

Particolarmente interessante risulta la scelta da parte del regista di servirsi di due intermezzi attraverso i quali invitare il pubblico a sfruttare i momenti di pausa per discutere sulle immagini che ha appena visto. Inoltre, la brevità del documentario (appena 78 minuti) contribuisce a rendere l’intero lavoro compatto e scorrevole.

Francesco Munzi mette insieme parole e immagini, ma soprattutto memorie e suggestioni, per dare nuovamente voce ad uno dei capitoli più dolorosi del dopoguerra italiano. Assalto al Cielo prova ad andare oltre la mera forma antologica per permettere sia alle vecchie che alle nuove generazioni di riflettere in maniera del tutto personale su un momento storico che crediamo erroneamente lontano, ma le cui conseguenze incidono ancora oggi sul nostro Paese.

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