Walesa l’uomo della speranza recensione del film di Andrzej Wajda

Walesa l'uomo della speranzaLech Walesa è un uomo dalla vita a dir poco leggendaria. In poco più di un ventennio è passato da essere un operaio del cantiere navale di Danzica a diventare il primo ministro della Polonia post-comunista, passando per un premio Nobel per la pace e diversi arresti. Questa vita si intende celebrare nel film di Andrej Wajda, in uscita il 6 giugno in Italia, e già presentato alla settantesima mostra di arte cinematografica di Venezia.

 

La storia inizia nel 1981 quando Oriana Fallaci vola da New York a Danzica per intervistare il leader di Solidarnosc. L’intervista farà da filo conduttore nel racconto della vita di Lech dai cantieri navali di Danzica alla notorietà mondiale. Una Fallaci quasi caricaturale, interpretata da Maria Rosaria Omaggio, domanda con un’enfasi eccessiva delle vicende che hanno portato Walesa alla fama internazionale come presidente di Solidarnosc, il sindacato che contribuì fortemente a far cadere il comunismo in Polonia, portandosi dietro qualche anno dopo, il muro di Berlino e l’intera URSS. Ad ogni domanda ci viene mostrato un pezzo di vita di Walesa (Robert Wieckiewicz), mescolando il bianco e nero al colore, le immagini di repertorio al girato, la lingua polacca, parlata in presenza della Fallaci, e l’italiano contribuendo ad una generale confusione. Non sempre è chiaro dove e quando si svolgono i fatti, solo alcune volte delle sovraimpressioni ci aiutano a capire il momento storico a cui assistiamo. Di Lech Walesa però non si racconta solo la vita pubblica e politica, ma anche quella privata: la moglie Danuta (Agnieszka Grochowska), i sei figli, la vita con gli amici del cantiere e i colleghi di Solidarnosc, visioni che contribuiscono ad offuscare la reale essenza del protagonista. Nel rapporto con la moglie Walesa si dimostra duro, freddo, in alcuni casi brusco. Walesa pare un uomo solo al comando, insensibile alle opinioni degli altri e disinteressato ai loro destini, con infinita fede in Dio e nel Papa, ma pochissima negli uomini. Vive senza dubbi e, sembra, senza particolari emozioni, e così risulta dallo schermo pregiudicando qualsiasi possibilità di empatia. Combatte inoltre contro un nemico che non sembra mai troppo cattivo, o almeno non come lo è stato nella realtà storica.

Gli eventi storici non sembrano abbastanza importanti da aver cambiato la storia del mondo intero, ma paiono più legati al destino del solo Walesa e della sua famiglia. A ricompattare le fila di questo racconto una splendida colonna sonora, per la maggior parte affidata al punk-rock della band polacca KSU. Queste note ci richiamano subito alla mente il punk anglosassone ricollegando idealmente le lotte di quegli operai con quelle del popolo polacco, contribuendo così a definire precisamente un periodo storico e le sue lotte sociali, se pur lontanissime geograficamente e politicamente.

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